Table of Contents Table of Contents
Previous Page  52 / 228 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 52 / 228 Next Page
Page Background

menti, ma da un diverso uso di esso, e che quindi è un indicatore di quello che

avviene

dopo,

non di quello che è avvenuto prima. L'indicatore delle N.U. sem-

bra presentare, per quello che ne spiega Fuà, un alto grado di arbitrarietà. È ne-

cessario invece soffermarsi attentamente sulla curva di distribuzione delle impre-

se, che è un punto nodale del ragionamento di Fuà.

La tav. 7 ( p . 52) del libro indica «occupazione e produttività negli stabili-

menti manifatturieri distinti secondo la dimensione. Italia 1961 e altri 6 paesi,

1962-1964» (vedila riprodotta alla pag. prec.).

Questa tabella è piuttosto strana. Fuà non ne cita le fonti problema rilevante

per alcuni dei dati citati — e rimandando alla sua prima pubblicazione nel proprio

Formazione, distribuzione e impiego del reddito dal 1861 spiega che si tratta di sue

«elaborazioni sumateriale raccolto dall'E.C.E. (Nazioni Unite) per uno studio an-

cora inedito sull'industria manifatturiera europea» (p. 107). Sesi ricorre alla

Forma-

zione

per saperne di più, si rimane delusi: anche li non sono citati né fonti né metodi

di elaborazione; ma ci si avvedechementre per gli altri paesi la distribuzione dell'oc-

cupazione per dimensione degli stabilimenti è data in base alla rilevazione delle unità

locali, per l'Italia e la Germania ci sonodueserie di dati: per unità locali e per impre-

se, e che per la tabella 7 di

Occupazione

e

capacità produttive

è stata scelta la distri-

buzione per imprese, cosicché i dati risultano nonomogenei tra l'Italia e gli altri pae-

si, con una differenza non irrilevante. (Nella seconda edizione del libro Fuà avverte

della differenza, comese l'avvertimento rendesse compatibili i dati). La serie italia-

naomogeneaa quelle degli altri paesi è infatti la seguente: 28 29 29 14.

Pocomale, si potrebbe dire, dal momento che questa distribuzione dimostra a

fortiori la

tesi di Fuà sull'arretratezza italiana; essa tuttavia ci insinua dubbi sulla

lettura che l'autore dà della tabella, dal momento che secondoquesta distribuzione

l'Italia scende al di sotto della Turchia per quanto riguarda la percentuale degli sta-

bilimenti al di sopra dei 1000 addetti (14% contro 17), e scende al di sotto dell'Au-

stria (anche se la cosa può sembrare meno singolare). Vediamo allora l'interpreta-

zione di Fuà e i risultati di un nostro controllo sulle probabili fonti di alcuni dei dati.

«Si può suggerire la seguente interpretazione: un sistema industriale poco svi-

luppato impiega unità produttive a scala famigliare, ereditate dal passato o formabi-

li con facilità grazie alla loro struttura organizzativa elementare, anche per quelle at-

tività nelle quali unità piùgrosseassicurerebbero una produttività più elevata. Non è

un fatto patologico ma fisiologico, perché la disponibilità di strutture organizzative

piùcomplesseèancora insufficiente. Man manochequesta disponibilità aumenta

cioèche lo sviluppo procede—si tende a realizzare per ogni attività particolare quel-

la scala di produzione chemassimizza la produttività; cosicché nelle fasi di sviluppo

avanzato la produzione in micro- unità resta infine riservata ad una cerchia molto

ristretta di attività per le quali la piccolissima scalaèdavvero l' optimum tecnico e or-

ganizzativo... I paesi che hanno più alte quote di occupazione nelle classi 1-9 hanno

ingenere anche i più bassi livelli relativi di produttività in questa classe» (p. 53). Si

nota poi (n. 7, p. 54) che «il sorprendente livello di produttività della classe 1-9 ...

per il Regno Unito richiederà un approfondimento d'indagine», dal momento che a

Fuà risulta che la produttività inglese per questaclasse è addirittura tre volte supe-

riore a quella dell'azienda media.

In altre parole Fuà deduce il livello di produttività delle aziende italiane da I a 9

addetti dalla correlazione inversa esistente per gli altri paesi tra dimensione di questa

fasciaesua produttività. Bisogna notare innanzi tutto cheper gli altri paesi esiste un

rapporto molto regolare tra la produttività della classe 10-99 e quella della classe

100-999 (con l'eccezione dell'Inghilterra, ma vedremo che il dato di Fuà è sbaglia-

50