

Maria Luisa Pesante
L' ITALIA IMMAGINARIA
Se la «Repubblica» non mente per conquistarsi lettori con la vivacità dei
suoi resoconti, al consiglio generale della FLM di fine dicembre Bruno Trentin
avrebbe detto: «Dire che il costo del lavoro non c'entra vuol dire non aver capito
un c... della crisi». «I l leader Fiom - sono sempre parole della "Repubblica" —
ha proseguito affermando che nel '69 si è costruito un sistema cui si sono aggiun-
ti, via via, elementi di dinamica salariale e di perequazione retributiva non più
compatibili, oggi, con un certo sviluppo economico nel nostro paese, a
meno di
allargare l'area del lavoro nero»
(sottolineatura mia). Così dopo esser state, se-
condo le insinuazioni di Ronchey, al centro di un comitato centrale del P.C., le
tesi del recente libro di Giorgio Fuà, Occupazione e capacità produttive: la realtà
italiana
(Bologna, I l Mulino, 1976), sono anche entrate a far parte dell'interpreta-
zione sindacale della crisi. I l libro è stato accolto sulla grande stampa come una
solida analisi, che dice al movimento operaio italiano alcune amare, ma salutari
verità circa le conseguenze del costo del lavoro raggiunto nel nostro paese; si è
data generalmente la valutazione che il libro sia un apprezzabile contributo scien-
tifico alla discussione in atto sulla situazione economica; e se ne è tratta la conse-
guenza, spesso, che il salario operaio deve essere assolutamente bloccato; conse-
guenza, peraltro, che i sostenitori di questa opinione trarrebbero quasi da qual-
siasi analisi. Si è letta in proposito qualche dissociazione politica da questa conse-
guenza, ad esempio nella recensione di Chiaromonte, su «Rinascita» n. 40, o in
quella di Giovannini sull'ultimo fascicolo dei «Quaderni di Rassegna sindacale»,
ma non mi è capitato di leggere — forse per mia disinformazione — discussioni
di merito dell'analisi di Fuà, a parte l'intervento di De Vivo sul n. 49 di «Rinasci-
ta» e quello di Frey sul bollettino delCe-1-es. Al momento in cui chiudo il pezzo è
annunciato, ma non ancora disponibile un fascicolo di «Inchiesta» con parecchi
interventi sul libro di Fuà. In questa recensione non intendo discutere delle conse-
guenze che si possono trarre dalla fatica di Fuà o delle strumentalizzazioni che si
vogliano farne, impostazione che rientra spesso nella parte vacua del mestiere di
recensore, e del tutto inutile in momenti di confusione culturale e di unanimismi
politici; al contrario, vorrei tentare di dimostrare che l'analisi di Fuà è assai mal
fondata scientificamente.
1. Premetto un breve riassunto della tesi principale del libro di Fuà e delle
conseguenze che egli ne trae, e uno schema degli argomenti che mi sembrano cru-
ciali in difesa della tesi e che intendo discutere.
Secondo Fuà, le caratteristiche ben note della struttura dell'occupazione in
Italia (tasso d'attività eccezionalmente basso, concentrazione degli occupati in al-
cuneclassi d'età e per sesso) riguardano solo gli occupati in posizione di lavoro
regolare; la situazione apparirebbe ben diversa se potessimo mettere nel conto
anche l'occupazione irregolare, o lavoro nero: il tasso d'attività, mettendoci tutta
l'occupazione reale e non solo quella registrata dalle statistiche, risulterebbe pro-
babilmente il più alto dei paesi europei, e le caratteristiche della concentrazione
alquanto diverse. Questa frattura netta tra mercato del lavoro regolare e mercato
del lavoro irregolare ha, secondo Fuà, una causa precisa: un costo del lavoro di-