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È stata anche la sede in cui si è registrata la massima innovazione istituziona-

le della storia politica italiana recente, quella dei consigli di fabbrica, cioè della

elezione gruppo per gruppo, su scheda bianca, col sistema del collegio uninomi-

nale, senza attribuzioni di lista partitica, senza preselezione dei candidati, dei de-

legati operai, che dovevano diventare la base per la rifondazione unitaria del sin-

dacato italiano. Ancora oggi, dopo anni di crisi dei consigli, al rinnovo dei dele-

gati di Mirafiori, il fatto stesso che un quarto di essi non siano iscritti al sindaca-

to mostra la incontrollabilità dall'alto e la vitalità di questo istituto. Alla prima

elezione a Mirafiori i non iscritti erano il 70; dopo un anno erano ancora il 30%.

Per apprezzare compiutamente la carica innovativa dei consigli, ed anche per

non stupirsi di alcune recenti inversioni di tendenza e difficoltà, occorre sottoli-

neare alcuni fatti noti ma non sempre presenti all'attenzione e addirittura assenti

dal dibattito politico esplicito, che tende sempre a ricacciare i mutamenti nella

continuità verbale delle linee. E questo, fino a un certo punto costituisce una pro-

va di responsabilità e una forza; superata una imprecisabile soglia, produce una

impraticabile e gesuitica palude, in cui, come in un universo orwelliano, le parole

vogliono sempre dire il contrario di ciò che sembra.

Com'è noto, il sindacato italiano, di origine politica e partitica, ha ereditato,

senza troppe precauzioni, la struttura organizzativa dei sindacati corporativi, che

del resto avevano ereditato una struttura burocratica piuttosto rigida, che recava

i segni della espulsione, in parte amministrativa, dei sindacalisti rivoluzionari. Si

tratta di un caso impressionante di continuità istituzionale. L'unità sindacale de-

gli anni immediatamente successivi alla guerra e la successivascissione furono il

riflesso quasi meccanico di eventi politici. D'altro canto il sindacato italiano, a

differenza di quello inglese o di quello tedesco tra le due guerre, ma come i parti-

ti del movimento operaio, tende ad avere un alto numero di quadri di origine non

operaia. Michels ci assicura con solide basi statistiche e fattuali che questo non

peggiora le cose: a parità di struttura burocratica i quadri di origine operaia (co-

mequelli dei sindacati e del partito socialdemocratico tedeschi) e quelli di origine

prevalentemente borghese (come quelli del partito socialista italiano e della

CGIL) tendono a seguire ugualmente-le regole della burocrazia e non quelle della

classe. Per usare una espressione vaga e valutativa ma non insensata, tendono a

comportarsi ugualmente male, in condizioni di emergenza. I sindacati italiani pe-

rò, proprio perché di origine politica, tendono a rappresentare tutta la classe, so-

noesclusivamente d'industria, non di mestiere, non hanno la frammentazione di

quelli inglesi. Le loro procedure di verifica e il loro stessopotere sono più politici

chedirettamente economici o prescrittivi. I sindacati italiani tendono a non fare

differenza tra iscritti e non iscritti: cosa che ha considerevoli vantaggi e qualche

svantaggio. Non dei minori che, almeno fino alle soglie degli anni '60, ma in vari

casi anche dopo, i sindacati, almeno alcuni di essi, non si reggono finanziaria-

mente solo sui soldi versati dagli iscritti, ma anche sui finanziamenti dei partiti

che li sostengono (e delle cui fonti finanziarie condividono quindi la poca chiarez-

za) o di organizzazioni internazionali (per esempio la CISL internazionale nel ca-

sodella CISL). In particolare i sindacati scissionisti ricevono di sicuro finanzia-

menti cospicui. Di recente solo la CGIL ha pubblicato i suoi conti; si aspettano

ancora quelli degli altri. Queste caratteristiche tendono a conferire ai gruppi diri-

genti sindacali, almeno inizialmente e soprattutto per le confederazioni minori e

più chiaramente finanziate non dagli operai, caratteristiche di potere autocratico

piuttosto che delegato. Potere che si giustifica per chi lo esercita in quello che, aly

meno negli anni cinquanta, è l'unico

sindacato per la classe

in Italia, e cioè là

Confederazione Generale Italiana del Lavoro, nel segno di una milizia politica

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