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vante per una discussione condotta in termini generali? Credo di si; perché credo

che siano particolarmente frequenti in Italia, paese che per centralismo e statali-

smo non è secondo a nessuno, e in cui la sfera statale è eccezionalmente ampia,

nel campo della gestione dell'economia forse la più ampia tra i paesi non sociali-

sti, le istituzioni e le procedure informali o addirittura illegali. Lo dicono tutti; io

credo che sia vero oltre ad essere un luogo comune. Queste istituzioni e procedu-

re informali costituiscono, o hanno costitutito, la grande riserva di funzionalità e

di flessibilità di un paese che, se avesse rispettato le procedure, sarebbe forse an-

chemorto; rischiano ora di diventare essestesse un elemento di morte.

Tutti sanno che il numero degli occupati italiani è di alcuni milioni di unità

maggiore di quello censito dall'Istat (Fuà accoglie la cifra di tre milioni e mezzo);

tutti sanno che per lo stessomotivo (anche se Fuà lo trascura) il prodotto nazio-

nale lordo è sbagliato considerevolmente per difetto (è ovvio che le aziende che

impiegano lavoro nero occultano tutta la parte della produzione che lo riguarda;

altrimenti ci rimetterebbero). Però Reyneri ci ha informato ad Ancona (ed ha

scritto su «Rinascita» in dicembre) che, nel Mezzogiorno, in certi paesi il numero

dei lavoratori clandestini che non pagano l'INPS è uguagliato dal numero dei fal-

si lavoratori che lo pagano senza essere occupati per procurarsi una pensione. E

tutti sanno del clientelismo e delle magie del Mezzogiorno, in parte intaccato dai

grandi partiti nazionali, in particolare dal PCI che è stato negli anni scorsi un

grande fattore di trasformazione anche in questo senso, anche se non è facile dire

in che misura i successi recenti nel Mezzogiorno siano la spallata finale alla strut-

tura clientelare o non piuttosto il gattopardesco ingresso delle clientele anche in

quest'ultimo ridotto della lotta degli interessi generali contro quelli particolari.

Non è di questo livello di fenomeni però che vorrei parlare, anche se essi contri-

buiscono a formare il livello per me rilevante. Vorrei invece parlare delle proce-

dure informali o illegali delle istituzioni politiche maggiori. Per esempio, dei par-

titi.

È noto che i partiti, pur essendo le massime istituzioni politiche di questo

paese, la sede di tutte le decisioni politiche ed economiche maggiori, per le leggi e

la Costituzione a malapena esistono e non sono regolamentati pubblicamente

molto di più di una associazione bocciofila. È vero che qualunque regolamenta-

zione finirebbe con l'essere repressiva, soprattutto nei confronti degli ultimi venu-

ti; ma certo i problemi posti dalla informalità cominciano ad essere mortali. I

partiti, nella loro pluralità, rischiano di essere gli affossatori del pluralismo, per-

ché di fatto determinano elezioni, nomine, finanziamenti e comportamenti in

quasi tutte le sfere dell'attività dello stato e le riducono quindi ad una sola. Que-

stonaturalmente

non

è vero (o non lo è stato fino ad ora) per P C I , che anzi da

molte di queste sfere (per esempio la gestione dell'economia o quella dell'infor-

mazione) è stato così rigorosamente espulso da essere ridotto realmente ad esiste-

re solo in parlamento e negli enti locali, ma lo è per la DC, che si è identificata

per trent'anni con lo stato ed ha istituzionalizzato le procedure di nomina «inter-

na» dei funzionari, di gestione «interna» dell'informazione, di finanziamenti oc-

culti, perché era il modo più semplice per sottrarre ad una opposizione forte e

scomoda persino la conoscenza delle decisioni. Una volta data una tangente ai

complici, in te! mini di soldi e di posti, che non ssemprevolevano dire potere, la

DC era tranquilla. La stessa ricchezza delle correnti dipendeva dal fatto che i par-

titi reali, che facevano e disfacevano i governi, erano le correnti di quest'unico

partito. Le nomine dei dirigenti delle banche, delle aziende, dei giornali (con l'ec-

cezione ovviamente dei giornali dei grandi gruppi privati) avvenivano tutte per ca-

nali interni ma ovviamente poi i direttori eletti avevano il loro peso sul partito,

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