

perduto sul tempo. La proposta come tale può dirsi essere stata totalmente scon-
fitta solo nel '72, col rifluire delle lotte sull'organizzazione del lavoro, ma già dal
'70 si notavano alla base i primi segni del fallimento, il venir meno dei consigli
in
statu nascenti,
lo schierarsi per componenti, per chiese e per parrocchie dei dele-
gati, il ristrutturarsi delle cariche per rispecchiare i nuovi equilibri. È significati-
vo, ad esempio, che i l patriottismo di organizzazione abbia portato delle sedi
FIM, schierate allora all'estrema sinistra, a far da freno al sistema dei delegati
che, col meccanismo tutto-niente del collegio uninominale, rischiava di spazzarle
via. Col venir meno della forza dei consigli ha cominciato anche ad appannarsi
prima e a rovesciarsi poi il senso delle proposte politiche: riforme di struttura,
nuovomodello di sviluppo, lotta all'organizzazione capitalistica del lavoro, ugua-
litarismo, sono obbiettivi che hanno un senso reale solo se sono concatenati e se
si accompagnano a una costruzione continua di organi applicativi, di specialisti
operai, che si abituino a ragionare sui problemi massimi, pur restando in produ-
zione. Se si formano dirigenti nuovi, non legati a vecchie lealtà di partito ma a
nuove lealtà di linea (e qui, lo ripeto solo per eccesso di chiarezza, non si allude
naturalmente alla indispensabile alta continuità della dirigenza migliore degli «an-
ni difficili», cui si deve tuttora se il movimento operaio pur nel riflusso non è an-
dato in vacca), allora l'elaborazione cresce; altrimenti le parole continuano ad es-
sere ripetute come puro suono e dopo un po' diventano un modo di menare il
can per l'aia; gli scioperi diventano modi per contarsi; il confronto coi partiti di-
venta più una sede di accordo «a parte» che di verifica dei rappresentanti degli,
interessi immediati dei lavoratori come tali con quelli degli interessi dei lavoratori
come cittadini o di tutti i cittadini. E qui è la negatività ora particolarmente evi-
dente dell'influsso «occulto» dei partiti sul sindacato.
Fino ad ora il sindacato è stato indubbiamente distinto dallo stato, contrap-
posto ad esso, come deve essere se si vuole che ci sia una reale difesa degli inte-
ressi degli operai e che abbiano sensoproposte per introdurre la democrazia nella
gestione dell'economia di cui parlerò in seguito, malgrado rappresentanti sindaca-
li siano presenti in una miriade di comitati, dalle assicurazioni alle università al
teatro (Tiziano Treu ne ha elencato -di recente quasi una pagina nel numero di
giugno '76 di «Prospettive sindacali»). Lo è stato però per un convergere di cir-
costanze, segnatamente due: un movimento spontaneo di «massae lo schierarsi al-
l'opposizione del PCI, su cui non è detto si possa sempre contare (anzi, nel se-
condocaso, su cui speriamo di non poter contare), e che ora sono in parte venute
meno. I sindacati hanno cioè sempre potuto contare sulla elaborazione politica e
culturale del massimo partito del movimento operaio e della pubblicista di sini-
stra. Ora questo partito e la pubblicistica di sinistra hanno voltato pagina; non è
vero, come si è letto (Alberoni, «Corriere della Sera» 6/1/77), che hanno comin-
ciato ad occuparsi di rigorosi calcoli perché di questi se ne son visti pochi e non
rigorosi, e i pochi rigorosi sono di parte sindacale; ma certo guardano le cose dal
punto di vista del governo.
Il sindacato deve guardare le cose dal punto di vista del controllo, non di
quello della proposta; e se guarda dal punto di vista della proposta deve essere
una proposta esplicitamente di parte. In questo è del tutto solo. I massimi diri-
genti tendono, naturalmente visti i modi di elezione e di nomina, a comportarsi
comedirigenti politici generici, distinti dagli altri solo dal campo di applicazione.
Chi si occupa di teatro chiede soldi per i teatri, e i sindacalisti li chiedono per le
rispettive categorie. Può addirittura esserci un passaggio di funzioni da quella di
sindacalista a quella di amministratore, come in passato si è verificato solo per i
sindacati che facevano riferimento a partiti di governo (Donat Cattin, attuale mi-
38