

che contribuivano a finanziare. Persino le assunzioni delle aziende di stato, con
ovvie eccezioni nei periodi di piena, avvenivano per raccomandazione democri-
stiana, per le quali, a quanto veniva riferito in convegni sindacali, erano stati ela-
borati addirittura dei coefficienti di ponderazione (che so io: papa 1; presidente
del consiglio 0,9; ministro o vescovo 0,8).
Per avere il quadro dei guasti di questo sistema di corruzione generalizzata
nonbasterebbero tutte le forze disponibili della giustizia e della ricerca del paese.
E infatti nessuno pensa di venirne a capo: le forze del rinnovamento pensano al
massimo di por fine alle pratiche, non certo di rendere pubbliche tutte le colpe.
Sesono vere le voci di tangenti sui lavori pubblici a tutti i partiti di governo, in
questomomento dopo il 15 giugno non dovrebbero esserci amministratori inno-
centi, o per corruzione o per mancata denuncia. I l finanziamento pubblico dei
partiti è un modo di rendere ufficiale, controllabile e generale quello che era stato
prima illegale, incontrollabile e possibile solo ai membri della cosca. Naturalmen-
te è ottimistico pensare che così i finanziamenti occulti ai partiti vissuti sinora
sulla corruzione siano finiti, ma certo si tratta di un passo sulla strada giusta e un
esempio di come una legge esplicita può contribuire a rendere dominabile un
evento. Si può preferire naturalmente l'autofinanziamento delle organizzazioni
politiche e la riduzione della spesa per i funzionari se l'autofinanziamento non
basta; è stata questa la scelta obbligata del PCI in passato, a prescindere, fino ad
un certo anno, dai probabili finanziamenti sovietici, ed è tutt'ora o dovrebbe es-
serequella delle organizzazioni della nuova sinistra, ma quando i partiti raggiun-
gono le dimensioni di quelli che ci hanno governato o che dovrebbero governarci,
èmeglio regolamentare che chiedere la luna.
Un altro esempio di corruzione istituzionale rilevante è quello del tessera-
mento e dei congressi interni dei partiti. Associazioni che di fatto, a prescindere
dalle nomine dei funzionari, preselezionano tutti i candidati a tutte le elezioni
non hanno nessun vincolo per quanto riguarda le iscrizioni o la nomina per le ca-
riche interne. Per cui, lasciando da parte il PSDI che fa storia a sè per essere la
sentina di ogni nefandezza, il partito di regime funziona come una sorta di socie-
tà per azioni in cui i notabili, i signori delle tessere, acquistano quote del capitale
sociale e contano in proporzione.
Dal venti giugno attraversiamo una fase di trasformazione, di straordinaria
flessibilità, di questo sistema di complicità, perché è caduto il veto anticomunista.
L'ingresso dei comunisti non mette in nessunmodo in pericolo il pluralismo e la
separazione dei poteri, che in senso pieno non ci sono mai stati, per i motivi che
dicevo; costituisce anzi una occasione unica, l'ultima a meno che non si formi
una nuova grande forza di opposizione, per istituirli sul serio. La necessità di fa-
re i conti con un centro di potere realmente autonomo, quale i socialisti non sono
stati, costringe a stabilire delle regole lì dove prima tutto si faceva in famiglia e
fuori dalla luce del sole. O almeno dovrebbe costringere, perché invece di regole
stabilite se ne vedono ben poche; di discussioni esplicite se ne sentono ancora me-
no. E dentro la gran nebbia dei dibattiti sui pluralismi e i capitalismi a egemonia
proletaria non si assiste a un solo dibattito istituzionale serio: anzi nella protesta
contro il diritto della corte dei conti di bloccare le procedure finanziariamente il-
legali, diritto senza il quale la corte dei conti è come se non ci fosse, si è raggiun-
ta una poco lodevole unanimità; e un recente articolo di Federico Mancini su «La
Repubblica» mostra segni di preoccupazione per le voci di designazioni alla corte
Costituzionale di tre politici in senso stretto (Bucciarelli Ducci, Malagugini e
Oronzo Reale), sia pure nel caso di Malagugini di elevata competenza giuridica,
chepotrebbe essere interpretata come un tentativo di opporsi all'attivismo, e atti-
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