

nistro dell'industria ed ex-ministro del lavoro, viene dalla CISL e così alcuni dei
suoimassimi collaboratori). Tutto questo, anche se non ci sono sconfitte clamo-
rose e riflussi, se le cose vanno nel migliore dei modi, rischia di provocare in po-
co tempo un colossale pasticcio, di cui in passato si sono già visti i segni premo-
nitori, in cui tutto viene deciso in sedi non esplicite, in incontri triangolari o bila-
terali a vari livelli tra funzionari, alcuni dei quali fanno la parte del sindacato,
altri quella degli imprenditori, altri quella del governo, ma tra i quali probabil-
mente, se si escludono gli imprenditori che restano l'elemento autonomamente ca-
ratterizzato e in grado di controllare i propri delegati, le lealtà di partito (e gli
stessi partiti saranno rappresentati ai due lati del tavolo) saranno più forti di
quelli della funzione. Potrebbe venire a mancare uno degli elementi di democra-
zia di questo paese e ci si potrebbe avvicinare, più di quanto non si sia vicini og-
gi, a forme di stato corporativo. In passato pasticci del genere succedevano in
certe aziende di stato, pressocchèmonopolizzate dalla CISL, in cui ai due lati del
tavolo sedevano funzionari usciti dalla stessa scuola, e a mio modo di vedere non
sono stati esempi di chiarezza istituzionale e di democrazia, per non parlare del
socialismo, anche se ad ispirare tutto c'era la indubbia intelligenza di Benedetto
De Cesaris, fondatore della scuola sindacale di Firenze della CISL.
Del resto, come ho anticipato, ritengo che nella CISL, in particolare nelle
idee del suo ex-segretario, attuale presidente del CNEL, Storti, di cui come di De
Cesaris non bisogna sottovalutare la statura, siano presenti tendenze esplicite allo
stato corporativo. Che cosa intendo per stato corporativo? La gestione dell'eco-
nomia e dello stato da parte di organi gerarchicamente organizzati in cui le parti
sociali siano rappresentate come tali e unitariamente, senza che ci siano divisioni
politiche esplicite nè esplicite fratture di classe. Nel '61 Storti scriveva: .«Anche le
altre organizzazioni sindacali si stanno adeguando alle idee che noi lanciavamo
con un certo coraggio anni fa, che oggi sembrano di dominio comune ...Se ora
tentiamo di cogliere alcuni aspetti particolari delle trasformazioni in corso e del
ruolo assunto dal sindacato, il primo aspetto che sembra di dover sottolineare è
l'apertura di un nuovo dialogo tra le forze che compongono la società democrati-
ca, un dialogo aperto che oggi mi sembra accettato da tutti come cosa naturale
ma che non più di tre anni fa, mentre noi proponevamo questo colloquio, ci atti-
rava l'accusa di utopia e di astrattezza. Tre anni fa i cosiddetti incontri triangola-
ri non solo non si facevano, ma non venivano nemmeno accolti con entusiasmo
da coloro ai quali li proponevamo. Sono bastati tre anni perché essi divenissero
una realtà continua ed anzi direi che oggi quasi quasi sembrano troppi. I l mini-
stro del bilancio ha promosso incontri triangolari per la pubblica amministrazio-
ne, i l ministero del lavoro indice un incontro trangolare ogni due settimane...
Ogni dirigente sindacale, al suo livello di responsabilità potrà e dovrà essere il
protagonista di questo colloquio...» Cinque anni dopo, a un congresso CISL
Storti proponeva il risparmio contrattuale per permettere di far seguire alle retri-
buzioni una dinamica adeguata senza incidere sulla domanda aggregata (è cosa
non molto diversa dall'attuale provvedimento, realizzato, di blocco parziale sopra
i sei milioni e totale sopra gli otto della scala mobile; solo che nella proposta
Storti il gestore della cifra corrisposta in obbligazioni doveva essere il sindacato,
che quindi diventava un capitalista in proprio, e non lo stato) e la sostituzione
del senato con una camera in cui fossero rappresentate direttamente le forze so-
ciali, una camera delle corporazioni. La sua nomina al CNEL, che è qualcosa del
genere, fa pensare a un suo uso attivistico di questo istituto; più ancora, al raf-
fon-arsi di una tendenza già in atto.
Ma non è questo un giocare con le parole? Non basta il parlamento, non
—39—