

conqualunquemezzovincesseMao, che, si sa, era incline a rispettarlo.
Per citare un esempio di comportamento e di valori di fondo per me positivi,
cheperònonavrebbero trovatopostonella Cina degli italiani, forseneppure in quel-
la dei cinesi, basti pensare al caso e alle tesi sulla democrazia interna di Umberto
Terracini, così drammaticamente illustrati nei due recenti volumi
Sulla svolta
e
Al
bando dal partito.
Rivolgendosi agli esclusi del '30 Lino Ravazzoli e Alfonso Leo-
netti, Terracini scriveva: «Se davvero volevate restare col Partito e nel Partito, per-
chésoloconessosi lotta per la rivoluzione, dovevate accettare l'esclusione dal cen-
troe dall'apparatosenza la piùpiccola reazione, assumendo la posizione di semplice
gregariodi base— in attesachegli avvenimenti venisseroa dimostrare achi spettava
la ragione e il torto». E poi al Centro: «Anchese il provvedimentosi fosse limitato
allaesclusionedal Centro non lo approverei. Al tempopiùasprodella crisi Bordiga,
..., abbiamosostenuto la necessitàchenel Centro fossero rappresentate tutte le ten-
denze». In quanto a lui, aspettò tredici anni, di prigione e di confino, che i fatti gli
desseroragione. Il PCI lo espulse, per poi riammetterlo, con una formula ambigua.
Siamosicuri che il partito della Cina degli italiani non lo avrebbemandato ad una
scuola7maggio?
La Cina di un viaggiatore
Il viaggiatore vede le strade i volti i gesti i negozi di alcune città della Cina
chegli sono aperte. Vede quelle fabbriche, o scuole o famiglie che l'amministra-
zione o la società cinese ritengono più adeguate a comunicargli il dover essere
delle famiglie, delle fabbriche, delle scuole. E un'immagine, è solo quella «uffi-
ciale», nè vera nè falsa; non necessariamente è «il meglio» della Cina dal punto
di vista del viaggiatore; forse neppure dal punto di vista dei cinesi: è solo l'imma-
gine ritenuta adeguata. Che sia così, non ci sono dubbi: le scuole sono sempre
quelle, così le fabbriche, e sono fabbriche e scuole illustrate in depliants in carta
patinata e con foto in un paeseche ne usa con grande parsimonia. I redditi delle
famiglie
sono identici quasi allo yuan, in un paese che ha differenze retributive
considerevoli, e le famiglie hanno quasi tutte almeno unmembro iscritto al parti-
to. Così la produttività della terra è straordinariamente buona, tutti hanno rispet-
tato le norme ecc. Questo non è uno svantaggio; purché si ricordi che ciò che si
sentedire non ènecessariamente quel che la Cina è ma solo quello che i suoi diri-
genti vorrebberoche, fosse. Un viaggiatore autonomo correrebbe il rischio, altret-
tanto grave, di elevare a norma o a media il caso. Il viaggiatore quindi può tarare
le proprio opinioni generali con quel chematerialmente vede nelle strade; e può
tarare le
parole
dei programmi particolari e delle notizie con la versione, diciamo
così,
materiale
chegliene viene fornita.
Nonpenso di contrapporre i risultati della mia espeirenza di viaggiatore alla
Cina degli italiani; solo di esporre alcuni dei mutamenti di opinione avvenuti, dei
problemi sorti e delle conferme ottenute durante un viaggio in Cina.
La Cina ha pochi mezzi di trasporto a motore. Pochi vecchi autocarri; prati-
camentenessuna automobile; fiumi di biciclette e di gente varia rumorosa, colo-
rata, disordinata, approssimativamente vestita (la canottiera arrotolata; il panta-
lone rimboccato). Gli operai vanno e vengono per i
tre
turni di lavoro a piedi o
in bicicletta. Le fabbriche sono piccole e spessodisperse nella città: quindi la
strada da fare non è molta, ma è molto il fumo; qualche volta vera e propria fu-
liggine, perché non tutte le città hanno il vento chesembra frequente a Shanghai.
Le città, che sono le più grandi dell'Asia, vengono quindi rifornite ogni notte, in
gran parte, per il trasporto interno dalle stazioni o per il trasporto dalla fascia