

agricola circonvicina, con tricicli, carretti a mano, carretti tirati da animali o, più
raramente, motorini di motozappe e trattori. Sono i due tipi fondamentali di mo-
tore di questo paese, prodotti e ripetuti, spesso con una riprogettazione locale
(nel senso di riesecuzione con le attrezzature metallurgiche e metalmeccaniche lo-
calmente disponibili) di singoli pezzi, come iniettori, fasce elastiche ecc., secondi
solo ai motori delle pompe, anch'essi unificati, nello stesso senso (cioè modello
unico «rifatto» zona per zona con i mezzi disponibili). Niente pompa, niente riso;
niente riso, niente trasporto: quindi prima la pompa, poi il trattore. Perciò uscen-
do da Pechino, da Tientsin, da Loyang, da Canton in autobus si incontra per
un'ora una fila interminabile di tricicli e carretti tirati da tutti gli animali pensabi-
li, dal bufalo al dromedario a seconda della latitudine; più spesso dall'uomo. Sul-
le strade, più che sui campi, che si vedono meno, i l viaggiatore scopre la fatica
dell'uomo cinese. I contadini che tirano il carretto; i contadini che si contorcono
sulle biciclette dei tricicli; i contadini che dormono sui carretti tirati dal bufalo
con cui sono partiti troppo presto per aver dormito abbastanza. Qualche volta il
trasporto è lentissimo, perché il carico è enorme. I l viaggiatore vede un uomo e
una donna, i corpi già un po' deformati dall'età, che spingono un carro carico di
tronchi grandi. La strada è liscia e piastrellata; le ruote non affondano; vanno
pianissimo ma vanno. I l viaggiatore cammina svelto nel viale, davanti a soldatini
di guardia con 1'MK47 alle porte di un lungo recinto, arriva in fondo, poi torna
indietro: i due sono ancora li; hanno percorso forse cento metri.
La terra è bassa anche in Europa oltre che in Cina e il viaggiatore conosce la
fatica dei contadini del suo paese; ma certo la fatica è una delle caratteristiche
dominanti della Cina. La rivoluzione ha eliminato la ignominia dalla fatica: non
ci sono più i riksciò, l'uomo che trotterella tra le stanghe tirando un altro uomo
in poltrona. Tutti lo fanno notare. Ci sono però ancora i tricicli adibiti al tra-
sporto di persone. La macchina interpone in qualche modo uno schermo tra il
trasportante e il trasportato e rende la sua fatica diversa da quella di un somaro.
Certo è uno schermo sottile.
Ogni giudizio o analisi su cosa è destra o sinistra in Cina va riportata a que-
sta realtà; come ogni affermazione di primato della politica va vista sullo sfondo
della costante, evidente, praticata e predicata tendenza a meccanizzare tutto quel
che si può, anche se questo tutto è poco, immensamente meno che da noi. Tutto
va riferito ad un paese che deve ancora fare la sua rivoluzione industriale (che
tutti ci auguriamo faccia con risultati migliori dei nostri) ma che intanto non rie-
scea far crescere né la sua produzione di cibo nè le sue esportazione di manufatti
più rapidamente dell'aumento della popolazione. Certo questo sistema di approv-
vigionamento è anche l'immagine di una perfetta coesione sociale, ma è dominato
per forza dal principio di prestazione.
Si capiscono anche, nella loro realtà e nei loro limiti, le affermazioni riguar-
do la partecipazione di operai alla progettazione tecnica. Al visitatore vengono
mostrati numerosi casi, tutti credibili: perché gli operai sono specializzati, dato il
tipo di divisione del lavoro prevalente e perché le «progettazioni» sono
riproget-
tazioni
di parti o perfezionamenti di parti. Si parte da una macchina per rifarla
uguale con mezzi precari o per farla meglio (è il caso di alcune macchine utensili,
come dentatrici, prodotte anche per l'esportazione).
Ma la scuola com'è? E difficile capirlo dalle risposte ufficiali, che non sono
mai di quadro, ma sempre particolari. Certo più complicata di come è stata de-
scritta da Vittorio Capecchi su «Vento dell'Est». Di sicuro infatti, accanto al filo-
ne, diciamo così, unificato di elementari e medie, esistono, con accesso a partire
da vari livelli (è su questi livelli e sulle percentuali di accesso che si ottengono ri-
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