

durezze dell'industria, anchesecon la miseria e il dolore dei contadini. I resocon-
ti sono pieni delle prime conquiste di libertà: tolte le fasce ai piedi delle donne;
finito l'acquisto delle mogli e il ferreo dominio dei mariti e dei padri; eliminato
finalmente lo spettro ricorrente della fame. Per chi teme che l'occidente abbia
sbagliato tutto è la speranza di un'alternativa totale, che si presenta insiemecome
carica della vitalità di una civiltà diversa, libera dalla grigia burocrazia dell'Euro-
pa orientale ma comunicante nei concetti, che sono quelli noti di Marx, di Lenin,
enelle aspirazioni. Allo storicismo di ferro, tanto da diventare antistorico, della
terza internazionale, si può contrapporre finalmente l'esempio di un paese che
«infrange le regole», che non comprime l'agricoltura per tentare un'industrializ-
zazione disperata, che sembra unire il massimo di gentilezza e di rispetto per la
specifica cultura e i valori tradizionali con il massimo di rovesciamento, di rivolu-
zione.
Naturalmente l'interesse si accentua e comincia ad includere parte della si-
nistra comunista con la destalinizzazione e la repressione della rivolta d'Ungheria
da un lato e con il «grande balzo in avanti» e la rottura esplicita con la Russia di
Kruscev dall'altro. È a questo punto però che nasce il secondo filone filocinese
italiano: coloro che vedono nella Cina non l'esperienza totalmente altra rispetto
alla Russia, ma anzi il proseguimento autentico della linea. di Marx, di Lenin, di
Stalin (quale del resto, per quanto li concerne, i Cinesi dichiarano di essere) con-
tro il revisionismo della Russia socialimperialista dei nuovi zar. È un filone che
ha avuto scarsopeso culturale, ma certo pesoorganizzativo non trascurabile, sia
pure in riferimento ai «piccoli numeri» della sinistra extraparlamentare organizza-
ta. È stata anche l'unica ala che abbia avuto, nella sua parte più dogmatica e più
inesistente, cioè il PCdI di Pesce e Dinucci, riconoscimenti ufficiali da parte del
governo della Repubblica Popolare Cinese: l'incontro come delegazione ufficiale
conMao, la foto di prammatica, la «diffusione» a Pechino di «Nuova Unità». A
vario titolo ne fanno però parte tutti i gruppi neostalinisti italiani: dal movimento
Studentesco di Milano, in particolare l'ala che oggi costituisce il MLS, all'Unione
dei Marxisti-Leninisti (poi diventato Partito Comunista Italiano [marxista-
leninista]) ad altri.
Coloro checonsiderano la Cina come altra rispetto alla Russia, soprattutto a
quella di Stalin, sono invece variamente presenti in riviste e collettivi e poi nei tre •
gruppi maggiori, il Manifesto, Avanguardia Operaia e Lotta Continua. Si tratta
naturalmente di attribuzioni rozze; se non altro perchésecondome una certa mi-
sura di neostalinismo è presente in
tutti
i gruppi della nuova sinistra italiana, co-
mecercherò di dimostrare, almeno nelle parole e nei concetti.
Ambedue i filoni hanno i l lo ro massimo di espansione, organizzativa e
pubblicistica, e si strutturano nelle forme che ho accennato, con l'esplosione della
rivoluzione culturale e con la sua morte e imbalsamazione nel predominio dell'e-
sercito e nello sventolio dei libretti rossi. Vengono letti libri assai belli, di anglo-
sassoni, da
Stella rossa sulla Cina
a
Fanshen.
Vengono letti ancora di più testi e
sillogi di Mao, per cui cominciano a circolare, accanto alla indubbia ricchezza
della parabole e delle innovazioni reali, le traduzioni dall'inglese di traduzioni dal
cinese di traduzioni dal russo di concetti tedeschi.
La rivoluzione culturale naturalmente viene vista come la realizzazione, pèr
la prima volta, della possibilità di ribellione e di libera elaborazione della base,
come il tentativo di rovesciare la divisione del lavoro dove sembrava più difficile
da eliminare, tra dirigenti e diretti all'interno del partito politico. La rivoluzione
non è più vista come la fine della storia, ma come una tappa della storia. Resta-
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