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finali: si tratta allora di falsi costi, non di contributi produttivi che aumentano la

grandezza di valore. I l fatto che le esigenze proprie di una società capitalistica

moltiplichino questi casi di «lavoro improduttivo» (coneccessodi attività discipli-

nari, innumerevoli controlli contabili, intermediazioni reali o finanziarie in gran-

denumero) non fa che diminuire l'ammontare di valori d'uso finali che possono

essere fruiti dai capitalisti per scopi di consumo o di accumulazione.

Insomma, Marx parte da una immagine di checosasono i valori d'uso fina-

li, di che cosasono i bisogni

concretamenteespressi

da una società (6) e a questi

associa

una matrice di processi «necessari» per produrli nelle condizioni tecniche

date. Come abbiamo ribadito, le categorie usate sono del tutto insensibili a una

critica ideologica dei valori d'uso finali: essi sono quelli che concretamente sono

in una certa formazione sociale. Ma perché il lavoropossaesprimere la grandezza

di valore, e perché questa possa rimanere agganciata alla finalità universale del

processoproduttivo, e cioè ai valori d'uso finali, Marx non può utilizzare com-

pletamente i processi produttivi in uso, e i loro esiti in termini di prezzi, ai fini

del calcolo del valore. In alcuni casi questi danno luogo a «valori sociali falsi», e

pertanto vanno corretti ai fini del calcolo in termini di valore, anche a costo di

allontanarsi molto dagli effettivi processi di formazione del prezzo. Le operazioni

logichecompiute da Marx nel definire il lavoro socialmentenecessario e nel defi-

nire il lavoro «produttivo» (a proposito dei «falsi costi») appartengono dunque

allostesso progetto teorico: quello di identificare una grandezza di valore che

trascenda le distorsioni indotte dalla produzione di merci, distorsioni che offusca-

no i caratteri di fondo del produrre in genere.

Euna lettura attenta dei passi dedicati da Marx ai costi puri di circolazione e

ai «falsi costi» in generale conduce persino ad accentuare i caratteri più «forti»

della lettura di Lippi: il «produrre in generale» è la tensione di unmezzo (il lavo-

ro, il costo sociale reale) verso uno scopo, che è costituito dai valori d'uso

finali

che la società intende produrre. E non solo «ogni bambino sa» che produrre vuol

dire distribuire lavoro tra vari settori a questoscopo, ma ogni bambino sa anche

quali sono i

veri scopi,

cioè quali sono i

veri valori d'uso.

Se così non fosse, si

verrebbe a perdere quell'associazione tra lavoro e ricchezza, tra lavoro (mezzo) e

valore d'uso-bisogno (fine) che è fondamentftle nella definizione ultima di proces-

solavorativo. Di qui la «non-ovvietà» della prima, e più generale, definizione di

lavoro produttivo, che già più sopra abbiamo sottolineato: del lavoro produttivo

come lavoro finalizzato alla produzione di valori d'uso. La definizione non è ov-

viaperché esistono lavori finalizzati a produrre servizi che non costituiscono dei

veri valori d'uso...

Se ammettessimoche si tratta di lavoro produttivo romperem-

mo la relazione — che Marx vuole invece che sussista — tra valore di scambio

(nel capitalismo) e valore d'uso, e affermeremmo una visione erronea di ricchez-

za, considerandocome valore-ricchezza dei servizi che invececonsumano soltanto

ricchezzagià prodotta.

Dunque, un grande progetto

teorico,

imperniato su una profonda tensione

ideologica. In confronto le definizioni smithiane (per non parlare di quelle di Ba-

ran o di Sweezy-Baran) sonopercorse da una vena ideologica assai più evidente e

superficiale. (Questo non implica un giudizio negativo nei confronti di queste ul-

(6) Finalmente si comincia a discutere con impegno dell'analisi marxiana dei valori d'uso e dei bisogni (Cfr. ad

esempio. Rovatti, Tomassini, Vigorelli,

Bisogni

e

teoria marxista,

Mazzotta, 1976 e Jean Baudrillard,

Per una

critica dell'economia politica del segno,

Mazzotta, 1974. Ci sono alcune consonanze significative tra le conclu-

sioni di quest'ultimo autore e la posizione espressa sul testo, anche se non viene ben compreso il motivo di fon-

do per cui Marx «prende per buoni)) i bisogni espressi nel capitalismo. I l problema è molto importante, e andrà

ripreso.

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