

L'analisi più minuziosa (nel cap. 6 del Libro II) è quella che riguarda i costi
puri di circolazione: e cioè le operazioni del comprare e vendere e della contabili-
tà. «Quando i prodotti del lavoro sonomerci, una parte della forza-lavoro socia-
lecomplessivadeveesserededicata a queste operazioni. Ma finchéessesono svol-
te dai produttori medesimi, questi sanno che si tratta di detrazioni del tempo la-
sciato libero dalla produzione; non vi è alcun motivo di confondere il tempo di
lavoronecessario a comprare e vendere con quello necessario per produrre.
Quando la produzione si svolge sotto il dominio del Capitale, le operazioni neces-
sarie alla circolazione... diventano autonome, o all'interno delle unità produttive,
oppuredivenendo la funzione esclusiva del capitale commerciale. La semplice im-
magine dei costi di circolazione scompare a causa di tale autonomizzarsi: "su-
bentra una illusione in virtù della funzione del capitale commerciale"» (p. 17).
Ma questa «illusione» e questo intreccio di funzioni — indistinguibili agli occhi
del capitalista — non tocca la definizione marxiana della grandezza di valore: la
«divisione del lavoro, l'autonomizzarsi di una funzione, non la rende formatrice
di prodotto e di valore seessanon lo è in sé, cioè prima del suo autonomizzarsi»
(5).
Il modo in cui si formano i prezzi — se non si vuole cadere negli inganni del
sensocomune — è da tenere dunque ben distinto dal modo in cui si formano i
valori. I l contabile di un capitalista commerciale, il bancario, ricevono uno sti-
pendio e sono salariati proprio come tecnici, impiegati e operai di un'impresa in-
dustriale. E i profitti della banca e dell'intermediario commerciale, e i salari dei
loro dipendenti, sono trasferiti nel prezzo di quei prodotti di cui essi sono costi
(poiché le imprese produttrici si avvalgono dei servizi bancari e cedono i loro pro-
dotti a intermediari commerciali), proprio come in essosono trasferiti i costi del
processo di produzione vero e proprio. Tutto ciò è vero, ma appartiene a un li-
vello superficiale di verità: il compito della scienza è andare al di sotto di esso. E
quando si va al di sotto, e si ragiona in termini di valore, si deve concludere che
le attività di intermediazione (commerciale e finanziaria) non aggiungono alcun
valore ai valori di scambio dell'industria, e quindi possonopagare salari ai lavo-
ratori che vi sono coinvolti e profitti al capitale che li ha occupati soltanto me-
diante il meccanismo dei prezzi, che ccinsente di trasferire ad esse parte del plu-
svalore già prodotto. «Questo trasferimento di plusvalore è all'origine della
"maggiorazione" che i prezzi subisconoquando le merci passanoattraverso la in-
termediazione del. capitale commerciale. Ma tale maggiorazione è possibile solo in
quanto i capitalisti industriali non ritirano tutto il plusvalore prodotto: essa è bi-
lanciata da una sottrazione cheavviene nel settore produttivo» (p. 19).
Si tratta di un trasferimento di plusvalore che nella sostanza è analogo a
quelli che avvengono tra industrie caratterizzate da diverse composizioni organi-
chedel capitale allo scopo di consentire l'uniformità del saggio del profitto. C o -
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e
in quelcaso,una lege che è propria diuno specifico modo diproduzione si
sovrappone ad una legge più profonda, che è propria del produrre in generale; e
questa«sovrapposizione», se riesce a nascondere agli occhi del sensocomune le
determinazioni che derivano dai caratteri generali e comuni della produzione, non
puòperò alterarli: il valore è quello e il plusvalore è quello, e
necessariamente
i
prezzi non fanno che redistribuire quantità già determinate ad un livello più pro-
fondo. Anche da un punto di vista più tecnico, e malgrado la lontananza ancor
piùstridente rispetto al «sensocomune» e al modo effettivo con cui si formano i
prezzi, l'esclusione dei costi puri di circolazione dal processo di valorizzazione
(5) I l Capitale,
vol. I I , trad. R Panzieri, Ed. Riuniti, V ed., p. 138.
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