

Michele Salvati
SUL PROGRAMMA DI RICERCA
SOTTOSTANTE ALLA TEORIA DEL VALORE MARXIANA
(e in particolare sul lavoro produttivo e improduttivo)
Di seguito sono presentate alcune note suggerite dalla lettura del lavoro di
Marco Lippi (Marx: il valore come costosociale reale, 2° vol. - settembre 1976
della collana «Gli Economisti», curata per l'Etas-Libri da M.C. Marcuzzo). Mi
sonogià occupato di questo libro con uno scritto di natura più descrittiva («Ri-
nascita», n. 7, 18 febbraio 1977). In questa sorta di recensione si sottolineava la
novità fondamentale del lavoro, che è quella di aver ricondotto gran parte delle
difficoltà che la teoria del valore incontra nel «trasformarsi» in una teoria dei
prezzi a una intuizione di fondo, a un programma pre-analitico cui Marx volle
sempre tener fede. Questo programmaconsiste nel voler ricondurre — l'espressio-
neè da intendersi in senso forte — le forme specifiche in cui si manifesta la divi-
sionesociale del lavoro nel capitalismo (la forma di merce, i prezzi di produzio-
ne, i prezzi di mercato...) alla semplice, ma fondamentale, legge che regola la di-
visione del lavoro nell'attività umana del produrre in generale. Nelle parole di
Lippi: «La misurazione dei prodotti mediante le quantita di lavoronecessarie per
produrli e la distribuzione del lavoro sociale tra le diverse attività in corrispon-
denza dei diversi bisogni... sono caratteristiche della vita umana associata in ge-
nerale. I l lavoro, come misura delle difficoltà che devonoesseresuperate, come
costosociale reale,
è "la misura immanente" del prodotto, indipendentemente
dal modo storico della produzione... Il valore non è che la
forma
che il costo rea-
leassumequando gli oggetti sonomerci, prodotti per lo scambio» (pp. 6-7).
Esisterebbe, dunque, a monte della teoria del valore, un riferimento molto
pesante— per le sueconseguenze analitiche — di carattere «astorico» o «natura-
listico», e l'attenzione di Marx per la diversità storica risulterebbe intimamente le-
gata alla convinzione di una invarianza fondamentale, che caratterizza tutte le
forme di vita umana associata. La diversità storica, la specificità del capitalismo,
, potrebbe anzi esseresvelata e intimamente compresa
solo
mediante un confronto
con le strutture invarianti della «produzione in generale»: la storicità dei valori di
scambio e dei prezzi di produzione, per essere più specifici, si comprende solo
quando si dimostra come i primi siano legati ai valori d'uso e i secondi non siano
altro che la conseguenza di una redistribuzione di un plusvalore già determinato
esaminando «un modo storico di produzione a partire da ciò che tutti i modi di
produzione hanno in comune».
E inutile sottolineare qui il carattere innovativo e «pericoloso» di questa let-
tura. Va soltanto ricordato che essa ha una forza interpretativa non comune. E
che non si basa soltanto su una reinterpretazione dell'annosa controversia sulla
«trasformazione» dei valori in prezzi; ma anche su un'analisi complessiva della
teoria del valore di Marx, e in particolare su punti poco considerati dai teorici del
valore. Di seguito ne esaminiamo con un certo dettaglio uno, il problema del la-
voro produttivo e improduttivo. Nella seconda parte delle note considereremo in
via più generale le conseguenze teoriche emetodologichechediscendono dall'ade-
sione alle tesi interpretative di Lippi.
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