

l'oggettività della scienza e la sua non neutralità, cioè i due aspetti di essa su cui
abbiamo cercato di riflettere in queste pagine. Da un lato sta i l versante
emanci-
pativo,
per cui solo tramite la critica scientifica alla metafisica «la natura diventa
un puro oggetto per l'uomo, un puro oggetto di utilità, e cessa di essere ricono-
sciuta come forza per sé; e la stessa conoscenza teoretica delle sue leggi autonome
si presenta semplicemente come astuzia capace di subordinarla ai bisogni umani
sia come oggetto di consumo sia come mezzo di produzione» (20). É, come si ve-
de, la fine di ogni antica cosmologia, l'uscita dal politeismo e dall'automediazio-
ne statica della natura in forme primitive di lavoro sociale, i l dischiudersi di una
storia universale (21). Dal l 'altro lato stanno gli aspetti
negativi
e alienati dell'a-
strazione e della valorizzazione capitalistica, cui la scienza empirica viene oggi
strumentalizzata. Da questo secondo punto di vista, i l mito borghese della
avalu-
tatività
o neutralità della scienza è solo un'espressione della divaricazione astratta
che i l processo d i accumulazione scientifica riproduce t ra individuo e società.
Questa divaricazione può essere intesa come un conflitto tra i bisogni concreti dei
produttori e la soggettività estraniata del lavoro consolidato e coagulato. Que-
st'ultimo — come capitale fisso, come sistema della macchine, come
corpus
teori-
co-precostituito — guida l'uso della tecnologia, indirizza la progettazione scienti-
fica e condiziona i nuovi settori della ricerca. L'alternativa tra effetti civilizzatori
ed effetti distruttivi della scienza, oggi che
l'ancien régime
l'abbiamo lasciato alle
spalle, è ancora lungi dall'essere risolta. Nell'epoca tardo-capitalistica, tale alter-
nativa designa semplicemente i l campo d i tensione esistente t ra l'automatismo
squilibrante della
ratio
scientifica e la sua possibile riconversione sociale in stru-
mento di pianificazione pacifica. In altri termini, lo scioglimento del dilemma tra
oggettività e non neutralità della scienza equivale alla facoltà, che gli uomini han-
no, d i realizzarsi in una società emancipata e razionale. Nelle parole di Marx:
«sostituire all'individuo parziale, mero veicolo di una funzione sociale di detta-
glio, l ' individuo totalmente sviluppato» (22). Ne i termini classico-borghesi d i
Kant: «l'uomo, e in generale ogni essere ragionevole, esiste come scopo in se stes-
so, e non soltanto come mezzo» (23). La possibilità di un uso emancipativo della
scienza non gode, purtroppo, di nessuna garanzia che faccia appello a forze ex-
tra-umane, — e anche certi usi allucinogeni della terminologia marxista sono un
appello di questo tipo. Nessuno sa quanto tempo ci separi ancora dalla realizza-
zione di quella possibilità, e nondimeno nessuno può escluderla a priori, o darla
per spacciata, almeno finché nel discorso di chi ne parla sia riconoscibile la voce
di un soggetto.
Leonardo Ceppa
(20) Marx,
Grundrisse, ci t .
vol . 11, p. 11. Qui Marx, sotto l'influsso di Hegel, interpreta ancora la tecnologia come
semplice «astuzia della ragione». Nel
Capitale
invece, come abbiamo visto, coglierà tutte le implicazioni totaliz-
zanti della tecnologia quale apparato sistematico di accumulazione riproduttiva.
(21) Cf r. A . Schmidt,
I l concetto di natura in Marx,
trad. i t . Laterza, Bari 1969, p. 161 sgg.
(22)
I I capitale,
ci t . , p. 534.
(23) E. Kant,
Fondazione della metafisica dei costumi,
trad. i t . Utet, Tor ing 1944, p. 82.
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