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remmo i fatti reali e ogni spiegazionesarebbe vuota di senso. Altrettanto inutile

sarebbe il limitarsi a verificare nei singoli casi qualche eterno conflitto, seguito

ineluttabilmente da sintesi liberatrici. Scegliamo due momenti rivoluzionari, sia

perché in tali casi il rapporto scienza-società si fa pregnante e particolarmente

sensibile, sia perché la riflessione sulle cose che cambiano è sempre più interes-

sante di quella sulle cose che restano, per chi non ama la situazione presente e

vuole nodificarla.

Durante tutto lo sviluppo della rivoluzione francese si possono registrare i

mutamenti ideologici e istituzionali della costellazione scienza fin nei contenuti

tecnici. I l potere politico svolge una battaglia per chiudere l'Académie desScien-

ces,vedendo in essa non solo un covo di reazionari legati al passato regime, ma

un impedimento reale alla costruzione di una scienza, che sia in linea con le fina-

lità nuove che lo stato repubblicano si sta dando. Nella Francia del '700 l'Acca-

demia rappresenta il controllo burocratico dall'alto dello stato assoluto e accen-

tratore sulla conoscenza scientifica e sul modo — assai limitativo — di (non)

propagarla. È un'istituzione, che stabilisce il canone, a cui le ricerche debbono

uniformarsi, perché possano dirsi scientifiche. Quei fenomeni, che non possano

esserericondotti ad un mondo, in cui la versione razionalista francese della dina-

micanewtoniana fissa — attraverso un preciso e generalissimo linguaggio mate-

matico — un ferreo ordinamento causale, non sono scientifici. Compito delle

scienziato è ridurre i fenomeni naturali alla meccanica e la meccanica all'analisi

matematica. Come la politica di Luigi XIV maschera sotto le trine e i merletti dei

suoi cortigiani il proprio potere assoluto, che attacca l'autonomia della nobiltà,

così l'Accademia delle Scienze strozza attraverso i suoi esami formali di matema-

tica il fiorire di invenzioni tecniche artigianali. La grande scienza di Laplace,

Lagrange, D'Alembert, è un sapere astratto teorico, che né riflette — come quel-

la newtoniana — problemi tecnici in atto, né è adatta a preparare tecnologia per

il futuro. Coniuga i pochi principi, in cui ha concentrato l'empirismo scientifico

inglese; si occupa più della perfezione dei moti celesti che del coacervo dei feno-

meni terrestri. È un mondomeccanico retto dai principi deterministici (minima

azione, conservazione della quantità di moto...), garantito da Dio, che hamesso

inmovimento il meccanismo, ma in cui non è più necessario intervenire, né per

lui né per gli uomini.

La rivoluzione (o meglio la sua punta, rappresentata dai giacobini) chiude

nel 1793 l'Accademia, che non risorgerà più di fatto, anchese di nome ritornerà,

passata la ventata rivoluzionaria, comesezione dell'«Institut». La lucidità politica

dellaborghesiaemergentecomeclasseegemone è tale che, attraverso una ristrut-

turazione radicale delle istituzioni scientifiche escolastiche, si pongono le basi per

unnuovo progetto sulle scienze. L'Accademia delle Scienze viene sostituita dalle

cosiddette «grandi scuole»: l'Ecole Politechnique, l'Ecole Normale, l'Ecole des

Pontes et Chaussées, l'Ecole des Mines e così via. Le scienze sono ora viste in

funzione della tecnica e vanno diffuse il più possibile nella borghesia attraverso

unvigoroso programma di formazione di insegnanti. L'articolazione in diverse

istituzioni e la separazione della ricerca dalla didattica sononecessarie per rag-

giungere l'agilità adatta a penetrare tutti i livelli della vita sociale. La vecchia fi-

gura del sapiente universale, che conosce e sa applicare i principi primi al moto

dei corpi, è sostituita dal nuovo scienziato, che appronta le leggi naturali tenendo

conto del (e spinto dal) sapere tecnico degli artigiani. L'empiria tecnica comincia

a trasformarsi allora in tecnologia, che fa uso consapevole e si crea la propria

scienza: la nuova figura sociale, che la rappresenta, è l'ingegnere. La prima rivo-

luzione industriale, meccanizzando le manifatturé, sostituendo all'energia umana