

Il motivo per cui oggi questo filone di studi sulle scienze si sta sviluppando,
risiede in fatti più sostanziali dello spazio é della valutazione positiva, che adesso
dà l'impostazione kuhniana. All'interno dei paesi a capitalismo avanzato, la co-
stellazione scienza si presenta come una attività umana che — pur se a livello
astratto, in beata falsa coscienza, riguarda solo la conoscenza — deveessere or-
ganizzata e controllata come tutte le altre. Nel momento in cui si prende atto del-
la fine dell'unità delle scienze e dell'aprirsi a ventaglio di innumerevoli specializ-
zazioni, nel momento in cui chi governa lo stato comincia a pesare le attività
scientifiche in termini percentuali di prodotto nazionale lordo, l'esigenza di un
piano anche per le scienze si impone. Così la necessità di coordinare le ricerche
verso un unico fine, il cercare di armonizzare tra di loro le fondazioni, le univer-
sità, le accademie, gli istituti, la volontà di scelta di una certa politica di distribu-
zione dei finanziamenti, diventano la migliore dimostrazione di come la costella-
zione scientifica sia un progetto ed un progetto politico.
Lamassima conferma che si può avere di questo, non sta allora in qualche am-
missioneche si può strappare a qualche filosofo, ma nella presenza di settori ac-
cademici come la «Science-policy» e la «Science of Science». Se non si può parla-
re della fine del «laissez faire» a riguardo delle scienze, perché — almeno in occi-
dente— viene sempre separato il momento conoscitivo dall'applicazione pratica,
bisogna riconoscere che cammino è stato fatto dall'autocoscienza di Galileo,
Newton ed Einstein. Tutto questo è tanto più vero in quanto i nostri bravi stu-
diosi si trovano subito a dover fare i conti con Marx ed alcuni marxisti, come
vedremo tra poco.
La scienza delle scienze è una disciplina di ordine superiore (come la storia
dellescienze), che fa uso di «metodi scientifici» nell'analizzare quel complesso di
attività umane, che consiste nella produzione di scienza. Come metodo quindi
cerca di essere il più obiettivo possibile, sostanziando le argomentazioni con cifre,
dati che dovrebbero apparire come inoppugnabili di fronte alla opinabilità di cer-
te analisi storiche e filosofiche. Vengono introdotti così criteri quantitativi anche
permisurare ad esempio qualità, che molti considerano quasi ineffabili, come la
genialità od il successo di un lavoro scientifico. Se la quantità di carta prodotta
nonè chiaramente correlabile alla eccellenza di un ricercatore, ma alla sua abilità
carrieristica, essendo un criterio di scelta nei concorsi, allora si
contano le citazio-
ni
ottenute in altri lavori. È chiaro chequesto criterio è subito distorto dalle cita-
zioni incrociate, ma soprattutto è un criterio interno alla corporazione, che non
registra l'impatto su tutta la società. Inoltre reintroduce ad un altro livello il mito
delle analisi oggettive. Ci pare quindi una risposta sbagliata ad una esigenza giu-
sta. Se le varie teorie sulla genialità non convincono più, bisogna analizzare l'im-
patto della scoperta su tutta la società e questo non è riconducibile solamente al
controllo delle citazioni, anche perché l'abitudine alle citazioni è relativamente re-
cente nell'ambito scientifico. Vale piuttosto registrare il passaggio nelle applica-
zioni tecnologiche, l'uso ideologico che se ne fa per la costruzione del consenso,
la abilità nel coagulare finanziamenti; in breve, la capacità di trasformarsi in un
progettocomplessivo, che polarizzi intorno a sé altre scoperte e si trovi coerente
conun progetto politico generale.
Se i metodi — come s'è visto — sono assai criticabili e le conclusioni tutte
discutibili, ciò non toglie chespesso in lavori di questo genere si trovi qualcosa
adatto a ricostruire in senso di classe il rapporto tra le scienze e la società capita-
listica. I l paradigma della disciplina parla chiaramente di «profonda interdipen-
denza di fattori politici, economici e scientifici chedebbonoessereracchiusi in un
programma di cambiamento sociale veramente trasformativo». Sono state fonda-
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