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economica della Nazione» (40) e si finisce per constatare che «l'atteggiamento degli

industriali è questo: realizzare il massimo profitto nell'azienda secondo i sistemi tra-

dizionali capitalistici. [ . . . ] La politica degli industriali si riassume in due punti

sostanziali: compressione del mercato interno e compressione dei salari» (41).

Per cui, alla fine, non rimane che sperare nella legge, e nelle elezioni. La Confin-

dustria aveva deciso di fare a meno della collaborazione burocratica, e anche la

minacciosa replica di Teresa Noce non sarebbe arrivata a effetto:

Se la Confindustria ha detto che accetterà i Consigli di gestione nell'industria tessile

soltanto quando vi sarà una legge che la obbligherà a riconoscerli, noi, signori della Confin-

dustria, cominceremo a creare i Consigli di gestione nostri con rappresentanti soltanto dei

lavoratori, se non vorrete nominare i vostri, ma al 18 aprile faremo di tutto per mandare al

Parlamento quelli che vogliono i Consigli di gestione e ne approveranno la legge (42).

Prima che tutta l'architettura della nuova strutturazione economica potesse

venire decisa e determinata da organismi statali e parastatali, si reagiva, dal basso,

contro l'immutato potere capitalista e gl i uomini che ne curavano gl i interessi.

L'Unità

del 12 gennaio 1946 riferisce che «elementi dichiaratamente trockisti»

hanno bastonato dirigenti della Breda nel loro ufficio e annuncia che i compagni

«sono disposti a fare di tutto perché i fascisti e i trockisti responsabili di queste pro-

vocazioni siano scoperti e deferiti all'autorità giudiziaria». Ma le agitazioni si ampli-

ficano e i l 14 i reduci, a Milano, invadono i l Comune in una manifestazione che

l'Unità

definisce «una impresa inopportuna». L'organo del PCI ammonisce:

Ènecessario che i reduci comprendano una volta per tutte che l'appoggio dei lavoratori

verrà loro meno in futuro se essi persisteranno in questo loro atteggiamento abbandonando i

normali, democratici metodi di protesta (43).

Verso la fine del mese di gennaio verrà pubblicato il testo dell'accordo per lo

sblocco dei licenziamenti, che passa, per bocca di Giuseppe Di Vittorio, come un

grande successo della CGIL: «siamo riusciti a graduare e limitare i licenziamenti»

(44).

Di questo testo resterà famoso l'articolo 2 che colpisce i «lavoratori inosser-

vanti dei doveri di disciplina e di normale produttività», e permetterà a Commissioni

interne collaborazioniste e Consigli di gestione unitari di liberarsi di quei gruppi di

operai che sono rimasti in posizione rivendicativa. Le Commissioni interne vengono

infatti incaricate dell'esecuzione del licenziamento e delle «selezioni».

Il neo-licenziato 1946, mentre riceve per sessanta giorni un'integrazione che

corrisponde a poco più della metà del salario, ha modo di fare, per proprio conto, un

bilancio: dalla liberazione, ha partecipato ad agitazioni contro l'aumento dei prezzi,

per nuovi salari, contro discriminanti distribuzioni di generi alimentari; ha subito il

virtuale blocco dei salari nello stesso tempo che l'aumento dei generi di consumo; ha

visto reprimere le bande armate contadine delle Murge, e sentito il ministro Scocci-

marro che si congratula cori le forze dell'ordine per i fatti di Puglia 1945; ha visto

sospendere il cambio della moneta, rinviare l'imposta straordinaria sul patrimonio.

Sa che cosa sta avvenendo dell'avocazione dei profitti di regime e di guerra e del

sequestro di beni appartenenti agli industriali collaborazionisti; ha visto aumentare

le imposte di consumo, che vanno a gravare sui redditi inferiori. Infine, ha subito lo

sblocco dei licenziamenti. A questo proposito, si verifica che militanti operai di

diversa tendenza (socialisti, azionisti, comunisti, l ibertari, internazionalisti) s i

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