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trarre delle conseguenze, che potrebbero essere anche care ai nostri avversari; conchiudere,

cioè, che bisogna senz'altro spazzarle via. No; noi, invece, dobbiamo farne degli organismi

sani, vivi, di collaborazione agricola; non più accolte di grandi papaveri delle proprietà ter-

riere, ma libere cooperative agricole che raccolgano autentici lavoratori della terra, i quali

dovranno trovare in questa organizzazione tutti i mezzi, gli strumenti e gli aiuti di cui hanno

bisogno per esercitare la loro attività. Anche in questo campo gli studi sono molto avanzati e

conto, quanto prima, di proporre le norme previste (28).

Grazie alla disciplina imposta, lo Stato, effettivamente, si veniva rafforzando;

il grande capitale ritornava a dominare in tutti i campi sociali; i consorzi agrari

cominciarono di nuovo a stendere la loro rete oppressiva sull'agricoltura italiana; e

per la pressione rinnovata di tali forze l'unità tra i partiti si veniva sgretolando a sfa-

vore delle sinistre. Tutto l'esercizio oratorio dei leader del PCI nell'anno 1945 è sem-

brato una girandola di buoni intenzioni morali, a coronare le quali ci si metteva pure,

dall'alto, Ri t a Montagnana, a tutela dei valor i tradizionali, elementari, del la

famiglia:

La rivendicazione del divorzio non è sentita oggi dalla grande maggioranza delle donne

soprattutto del popolo, che è decisamente contro il divorzio. Perchè dovremmo proprio noi

comunisti, che siamo per la democrazia, porre oggi questa rivendicazione? Le centinaia di

migliaia di donne che hanno avuto per tanti anni i mariti lontani, anelano a ricostruire le loro

famiglie, a vivere coi loro cari e sono ben lontane dal desiderare il divorzio. Del resto, se le

donne oggi sono contro i l divorzio, ciò dimostra la loro intelligenza e sensibilità politica e

nazionale. Le donne capiscono che, dopo che il fascismo ha fatto dell'Italia materialmente e

moralmente, un mucchio di rovine, il popolo ha bisogno di ricostruire e difendere dallo sfa-

celo quel centro di elementare solidarietà che è la famiglia (29).

Visione arcaica della vita familiare, trasformazione a colonia del combattente

partigiano, considerazione della possibilità di uno «Stato di tutti» (nel quale l'ope-

raio continuasse a essere esecutore soltanto: unica garanzia immediata quella di

((sfamarsi» a turno con i reduci e i disoccupati), differenziazione tra un capitalismo

con il quale è possibile convivere e altro con il quale non si deve andare a conflitto,

disciplina nel lavoro da parte delle masse industriali, ricostruzione dei vecchi centri

di potere in agricoltura, ricerca di una stabilità nel rapporto fra i partiti che possa

arrivare a una generale fusione, scarto di qualsiasi funzione della diversità ideolo-

gica e teorica, sono altrettante parti di una monolitica staticità nella quale il PCI cer-

cherà di permanere, lungo gli anni, sia perché l'impostazione politica dominante nel-

l'organizzazione ve lo induce, sia perché è questa la condizione per resistere al

governo del Paese liberato.

Abbiamo preferito rifarci, per la ricostruzione della linea del PCI nel dopoguer-

ra, a discorsi meno noti, di diretto rapporto con le masse o con i rappresentanti del-

l'organizzazione, più che a quelli, celebrativi e programmatici, del V Congresso.

Nei confronti della base degli iscritti, si sosterrà in seguito, dopo il '47, vale a

dire dopo l'esclusione delle sinistre dal governo, che la politica perseguita dal '44

Fino a quel momento era stata determinata dall'invasione alleata, dalla ricattatoria

politica DC, dal rispetto delle convenzioni interne e internazionali stabilite. Credo

sia evidente, da queste ampie citazioni, come l'elemento determinante che ha conser-

vato il PCI nell'immobilismo ministeriale '44-'47 fosse costituito, innanzitutto, dallo

sviluppo di tutta la precedente linea, unitaria e staliniana nello stesso tempo, dal suo

concreto abbandono della teoria marxista, dal suo assorbimento nella collabora-

zione di classe attraverso la guerra. Il PCI tende a trasfondere nell'azione ministeria-

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