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incremento («la iniziativa privata avrà maggiori possibilità si sviluppo»): solo punto

da battere restano degli imprecisati «gruppi particolaristici che adoprerebbero i l

potere per preparare nuove rovine». Ma già abbiamo visto come il PCI si comporta

alla Fiat.

Presentando i testi del dibattito sui Consigli di gestione, l'ex ministro delle

Finanze nel governo Bonomi e in quel momento presidente della Commissione del

Lavoro del Ministero della Costituente, Antonio Pesenti, chiarisce immediatamente

che:

La funzione del Consiglio di gestione non deve essere una funzione di classe, bensì una

funzione tecnica di miglioramento della produzione, di sviluppo dell'iniziativa spontanea dei

lavoratori per la migliore efficienza dell'impresa, di creazione della pace sociale nell'interno

dell'impresa in modo che la produttività sia aumentata. E...] E poichè occorre salvare l'unità

di direzione, che è l'esigenza prima della produzione in un'impresa moderna, in caso di disac-

cordo tra le due parti sarà i l responsabile della produzione a decidere.

Pesenti ribadisce «le caratteristiche dei Consigli di gestione che devono essere

non un organo sindacale, non un organo politico ma un organo tecnico dell'impre-

sa» (37).

Nel dibattito, a parte l'indifferente parere di tecnici ed esperti abituati alle alta-

lene dialogiche, si rivela come contro l'iniziativa dei Consigli di gestione si ponga la

Edison per intervento dell'ing. Vittorio De Biasi (quell'ex compagno di Gramsci e di

Santhià, ai tempi di (<Educazione comunista») e il presidente della Confindustria,

Angelo Costa. A i quali rispondeva Giancarlo Pajetta:

L'industriale può decidere, dopo il parere dei Consigli di gestione, ciò che sarà conve-

niente e giusto, anche contro i l volere dei rappresentanti dei lavoratori.

Ma l'industriale ci penserà prima di prendere decisioni profittevoli solamente al suo

egoismo, quando saprà che ciò lo esporrà al giudizio, sia pure morale, della Nazione.

Sarà quindi obbligato a pensare in un modo nuovo e non penserà solo ai profitti perso-

nali, ma saprà che esistono gli interessi della Nazione intera (38).

A rendere più convincente come la saldatura tra capitale e lavoro potesse rea-

lizzarsi attraverso il Consiglio di gestione, venivano, in coda al dibattito, rappresen-

tanti di base a elencare i risultati pratici ottenuti a favore della ricostruzione.

Mentre si stabiliscono questi organismi alla base della produzione, non si riesce

ad avere un programma preciso per quanto riguarda i monopoli. La formula favorita

dal PCI rientra in un quadro di riforme governative che lasciano la porta aperta a

troppe possibilità:

L'esame della formazione dei grandi monopoli ci basta per stabilire quali industrie

siano oggi in Italia mature per la nazionalizzazione, che non va vista nè come una socializza-

zione nè come una statizzazione, ma come la costituzione di organismi di tipo parastatale

sullo schema di quello che è, o meglio dovrà essere, l ' IRI. Nell'ambito dell'IRI, se organiz-

zato e messo in grado di controllare il processo produttivo delle aziende ad esso collegate,

devono essere portate le industrie nazionalizzate (39).

Lo sganciamento governativo dalle sinistre, nel '47, provocherà anche la

demolizione di queste possibilità riformistiche che la burocrazia intendeva intro-

durre per trovarvi un supporto alla propria vocazione parastatale. In un breve giro

di tempo, vale a dire nel tempo della ricostruzione, era possibile tirare le somme del-

l'esperienza di collaborazione condotta attraverso i Consigli di gestione. Si era par-

titi con l'intenzione dichiarata di «dare all'industria italiana una più efficiente strut-

tura organizzativa che le permetta di superare la difficile congiuntura che attual-

mente attraversa e le consenta domani di poter costituire una base solida per la vita

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