

scritta per non dover essere citata qui.
Ma, viene pure il dubbio che fosse una storia prevedibile, sesi parte dall'analisi
della funzione attribuita dal PCI agli organismi di base dal '45 in poi.
Immediatamente dopo il 25 aprile 1945, i Consigli di gestione vengono consi-
derati uno strumento per la ricostruzione, pur essendo parte di un programma di col-
laborazione che al Sud era già fallito. La giustificazione del loro carattere interclas-
sista consisteva nel fatto che un po' di socialismo era entrato, secondo i propagan-
disti del PCI, anche nei programmi degli altri partiti. Da parte del PCI viene fuori il
progetto più organico per il loro funzionamento, mossi come si è dalla preoccupa-
zione che «nella situazione attuale bisogna realizzare subito qualche istituto—come
il Consiglio di gestione—che dimostri allemasse popolari che la caduta del fascismo
ha reso possibile una loro partecipazione direttiva alla vita economica del Paese»
(32). Contro una possibile obiezione da destra per la quale sarebbe «necessario
lasciare libera l'iniziativa privata per incrementare la produzione», viene ribadito
che:
L'intervento operaio in sede di Consiglio di gestione non è ostruzionistico, ma coopera-
tore e perciò costruttivo; infatti il Consiglio di gestione non tocca la responsabilità del capi-
tale e la possibilità di un'effettiva direzione dell'azienda da parte del responsabile della pro-
duzione, sia esso direttore generale o consigliere delegato, poiché, a parità di voti, prevale il
voto del presidente. I l controllo democratico dell'industria da parte dei lavoratori, significa
solo il controllo contro la speculazione, ma lascia sempre al tecnico dirigente la libertà di ini-
ziativa (33).
Come organismo paritetico, il Consiglio di gestione non incide sull'attività del
Consiglio di amministrazione, alle cui sedute ha diritto di intervenire una sua rappre-
sentanza, senza diritto di voto perché il Consiglio di gestione non venga vincolato
alle decisioni del Consiglio di amministrazione, le quali, a loro volta, per farsi esecu-
tive, devono venir sottoposte all'approvazione del Consiglio di gestione. Tale orga-
nismo «studia i mezzi atti ad accrescere la produzione e il rendimento dell'impresa e
li propone alla Direzione». Nella prospettiva di un controllo democratico, il PCI
propone che «gli utili dovrebbero andare a un Fondo nazionale di ricostruzione».
Prevale, su tutto il rapporto, il rispetto del «segreto commerciale, a norma del codice
di commercio», e quasi in ogni articolo del progetto, per la natura stessa dell'orga-
nismo istituito, viene data ai proprietari o al Consiglio di amministrazione, facoltà di
eludere il controllo (motivi di urgenza, di ordinaria amministrazione, ecc.).
Come si trattasse di procedere alla costituzione di un caposaldo sul quale pog-
giare la società ordinata, secondo il progetto le masse avrebbero dovuto piuttosto
pesare in senso quantitativo; la loro stessa presenza avrebbe dovuto garantire del
buon andamento degli affari pubblici, in vista della creazione di «una nuova forma di
organizzazione della impresa, che insieme ad altre, modificherà la struttura organiz-
zativa della nostra produzione per potenziarla» (34).
Scriveva Antonio Pesenti:
Noi immettiamo nella produzione, accanto al la iniziativa degli imprenditori, che
sempre rimane, all'iniziativa del dirigente, la iniziativa delle forze popolari, che portano tutta
la loro esperienza, tutto il loro entusiasmo di ricostruzione. I l Consiglio di gestione rappre-
senta così anche un contributo tecnico per i l miglioramento e potenziamento della nostra
produzione oggi che i l primo imperativo del momento è produrre, produrre di più, dare
lavoro a tutti gli italiani (35).
Come se le leggi economiche del capitalismo, con la caduta del fascismo mili-
tante, fossero anch'esse terminate, si porgevano alla proprietà privata garanzie di
67