

Ma vicino, e all'interno, di tale compagine, ancora prima del congressosi erano
formati dei gruppi antiunitari e paramilitari. Sene parla, adesempio, al momentodel
II Congresso provinciale di Torino (1-2-3 novembre 1945) comedi «iniziative èade-
sioni estremiste per costituzioni di squadre armate, GRPI-ARPI». A Torino, Pa!-
miro Togliatti era venuto per ribadire la necessità che la politica unitaria venisse
sostenuta dal braccio proletario:
Questo, compagni, è l'elemento essenziale nuovo della situazione del nostro paese e
d'Europa che giustifica tutta la nostra nuova politica di unità nazionale, politica chenoi non
abbiamo incoraggiato nè dal giorno in cui sono arrivato in Italia, nè dal giorno dell'insurre-
zione per cacciare i tedeschi; no: politica che noi abbiamo incominciato già da alcuni anni
prima della guerra [...]. Da allora noi facemmo una politica nazionale; non parlando a nome
esclusivo della classe operaia, ma parlando a nome di tutta l'Italia, mandammo i nostri mili-
tanti a combattere e morire in Spagna... (21).
Sui rapporti con il PSIUP, il segretaiio del PCI era passato all'esortazione nei
confronti dei «nostri compagni chehanno i capelli bianchi nei loro rapporti coi com-
pagni socialisti a lasciare da parte le discussioni e le recriminazioni su chi aveva
ragione o torto al congresso di Livorno o in qualche altra occasione. Oggi noi non
facciamo della storia, facciamo della politica e facciamo una politica di grandi
prospettive». .
Togliatti si era richiamato, di fronte alla classe operaia torinese, all'imposta-
zione del VI I Congresso dell'Internazionale, sviluppando inoltre il tema dell'unità
con i cattolici, e dichiarando di «apprezzare» sia il PdA sia il partito liberale, i quali
nonè che fossero, tra loro, in buoni rapporti. Il discorso concludeva in maniera del
tutto patriottica: «L'Italia agli italiani. Democrazia vuoi dire anche questo: la terra
italiana agli italiani che la lavorano».
Più da vicino, la classe operaia torinese avrà modo nello stesso anno 1945 di
confrontare le proprie esigenze con le prospettive del «partito nuovo»:
Quale puòessere l'atteggiamento dei capitalisti verso di noi? Noi sappiamoche i capi-
talisti delle grandi industrie, delle grandi banche, dei grandi trust sabotano la democrazia
progressiva; sappiamo invece che v'è una parte di capitalisti meno grandi i quali vogliono
partecipare a questa democrazia. Ebbene: a questi ultimi noi vogliamo dare la possibilità di
partecipare alla ricostruzione del nostro paese. Noi affermiamo quindi che è nostra inten-
zione favorire la collaborazione dellemassecon quegli imprenditori che intendonomettersi
sincerainente e onestamente sul terreno della ricostruzione e intendono produrre nell'inte-
ressedella nazione. A questi noi diciamo: siamo disposti a collaborare; nella misura in cui
voi parteciperete onestamente e non sul terreno del profitto egoistico, ma sul terreno d'una
coscienza nazionale, sul terreno di fare gli interessi del nostroPaese, noi siamodisposti a col-
laborare con voi; siamodisposti amarciare uniti per ricostruire rapidamente il nostropaese»
(22).
Ma non si poneva il problema di un controllo? La risposta veniva presto data:
Oggi il controllo nazionale nonha contenuto di classe,ma contenuto nazionale popola-
re, il che significa la partecipazione di tutto il popoloenonsolo della classe operaia, com'era
avvenuto nell'Unione Sovietica (23).
Sul problema della nazionalizzazione, il disimpegno politico da parte del PCI
veniva proclamato in chiari termini:
Noi diciamo «nazionalizzazione», ma con criteri industriali che non modificano
sostanzialmente la struttura della fabbrica. Si modifica soltanto questo: che invece dei vari
Agnelli, ci sarà il popolo italiano, lo Stato (24).
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