

Roatta», e il corsivista se la prende con i giudici istruttori e i pubblici accusatori.
Maggio-giugno: si forma i l governo Parri (13).
Nella visione del «partito nuovo», per quanto concerne le masse lavoratrici si
tratta di fare in modo che mano a mano tutte le forze disoccupate possano essere
assorbite nei compiti della ricostruzione capitalista (14).
Ma a rompere le equilibrate previsioni, un primo movimento di protesta di
grandi proporzioni ha luogo a Lodi i l 12 giugno 1945. Scendono in sciopero le
maestranze delle OM lodigiane, seguite da quelle delle altre fabbriche della città, per
un complesso di 5-6.000 operai, contro le condizioni alimentari, l'insufficienza dei
salari, il ritardo nell'assegnazione delle scarse razioni. Il giorno seguente, lo sciopero
continua all'interno delle fabbriche: l'agitazione si fa sentire a Milano, e se il 14 si
assiste al la ripresa del lavoro sulla promessa dell'interessamento da parte della
Camera del lavoro, il 15, per conseguenza della mite condanna irrogata al criminale
di guerra Basile, essa esplode di nuovo. Sui banchi, sui marmi, sulle sedie del Palazzo
di Giustizia, viene incisa la parola «Ingiustizia». La manifestazione si avvia contro
la sentenza Basile, continua contro la Sepral, sfocia al Palazzo del Governo, dove il
Prefetto convoca un appuntamento per qualche giorno dopo affinché la delegazione
delle donne presenti «concrete proposte scritte».
La dilazione viene elogiata dal direttivo della Federazione del PCI, che esulta:
Questa è la vera democrazia, in cui le soluzioni vengono espresse direttamente dalle
forze popolari, dal basso. Questa è la strada giusta (15).
Poi, si parla di trattare lo sciopero come un'arma esiremamente «delicata», che
non degeneri in violenza:
Su questo punto le prove dei lavoratori di Milano e provincia, in questo mese di giugno,
ci danno la massima fiducia. La classe operaia è ormai veramente e definitivamente matura;
essa può con pieno diritto assumere la parte che le spetta nella ricostruzione del Paese (16).
La parte prevista, per la classe operaia, è quella della disciplina, per ora, nel
lavoro. E a farla rispettare vengono chiamate le cellule comuniste;
Le cellule di fabbrica e i compagni responsabili si devono mobilitare [...I, essi devono
con l'esempio incitare al lavoro, alla disciplina. Mol t i non hanno voglia di lavorare perché
dicono che in fondo nulla è cambiato, sono ancora e sempre degli «sfruttati» che lavorano
per il «padrone». Ad essi bisogna far comprendere che un primo importante passo in avanti è
stato fatto, che oggi esistono tutte le premesse per far funzionare in pieno regime di libertà e
di democrazia progressiva tutt i quegli istituti che rappresentano le prime conquiste del-
l'Insurrezione: i CLN, i Consigli di Gestione, le Commissioni Interne, gli spacci, attraverso i
quali si realizzerà una sempre più vasta partecipazione e controllo degli operai sulla produ-
zione ( I 7).
La protesta degli sfruttati non cessa. Il 5 luglio avviene uno sciopero a Torino:
sui cartelli di 80.000 operai sta scritto «Basta con le chiacchiere!». Il giorno dopo si
ferma Milano. Intanto, i fascisti scappano da San Vittore. E si arriva al 10 luglio con
la rabbiosa replica partigiana dell'eccidio di Schio. Per
l'Unità,
la responsabilità è
presto stabilita: sono stati i trockisti (18). Ma quando, nel settembre, i l tribunale
condanna a morte quei partigiani, la notizia solleva scioperi clamorosi; dalle fab-
briche si chiede la grazia.
Anche al Nord, l'epurazione «legale» non ha luogo: spariscono gli incarta-
menti che accusano Donegani, per cui l'industriale collaborazionista viene scarcera-
to; si scoprono armi a San Vittore, da dove riescono a evadere personaggi di non
minore conto, come Telesio Interlandi, teorico del razzismo.
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