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bloccato. A questo punto si dovrebbe riconoscere che l'azione rivendicativa è dive-

nuta incompatibile con la sopravvivenza del sistema capitalistico. Accettare questa

impostazione, significa accettare l'idea che, nell'ambito di un sistema capitalistico,

accantonando per un momento la volontà esplicita di distruggerlo, esistono limiti

invalicabili all'azione sindacale. Prima di accettare ad occhi chiusi la teroria delle

compatibilità, occorre però riflettere un istante sulla sua fondatezza. Riflessioni su

questo punto conducono a pensare che la teoria delle compatibilità è forse fondata

più sulle apparenze che sulla sostanza. Nell'immediato, è vero che, prendendo la

struttura produttiva dell'industria così come essa è, se i salari raggiungono livelli

troppo elevati, i profitti diventano esigui e il sistema capitalistico si può trovare nel-

l'impossibilità di funzionare. Inoltre, pensare che, senza modificare la struttura pro-

duttiva esistente, si possa spingere senza limiti la lotta per il salario, significa accet-

tare l'idea che, anche nell'ambito di un sistema capitalistico, sia possibile eliminare

lo sfruttamento; illusione questa che, se trova alimento in qualche prestigiosa for-

mula teorica, nessun vero marxista potrebbe accettare. Ma il punto è un altro, e cioè

che non è corretto discutere le compatibilità prendendo come elemento dato e non

modificabile la struttura produttiva esistente. In definitiva, la struttura produttiva di

un paese è frutto di decisioni prese in precedenza dal padronato, nel corso di lotte

con la classe operaia, e con l'intento consapevole di tenerla in una posizione di debo-

lezza. Quindi la lotta rivendicativa non può muoversi nell'ambito di una struttura

produttiva la cui configurazione ed i cui confini vengono accettati passivamente;

essa al contrario ha senso soltanto se si pone come contestazione delle scelte fatte in

passato, e come azione volta ad imporre (non importa se con successo o senza suc-

cesso) una struttura produttiva diversa. Chi riconosce la lotta di classe, ma al tempo

stesso accetta i confini delle compatibilità, si colloca in una posizione stranamente

contraddittoria; perchè da un lato, quando discute la lotta sindacale, accetta l'idea

che i l processo di produzione si concreti in un rapporto sociale caratterizzato

appunto dal la contrapposizione f ra capitalisti e lavoratori; dall 'altro, quando

discute le compatibilità, accetta l'idea che lo stesso processo di produzione sia un

fenomeno tecnologico, fissato da regole del mondo fisico e dalla disponibilità di

risorse, e che la struttura produttiva oggi sia stata determinata nel passato dai ritmi

non modificabili dell'accumulazione del capitale, dominati a loro volta dall'impa-

zienza umana di spendere e dalle occasidni naturali di investire, di fischeriana

memoria. Se ci si pone nell'ottica delle compatibilità, l'azione rivendicativa non può

che essere giudicata negativamente, come elemento che turba i ritmi scanditi dalla

natura del risparmio e dell'investimento; ma se si accetta l'idea che il processo di

produzione e di accumulazione del capitale sia fenomeno sociale e non naturale,

l'azione rivendicativa non si pone più come la semplice pretesa infantile di ottenere

una fetta più grande di una torta sempre uguale, ma come discussione aperta sul

modo in cui la torta è stata confezionata e sulle decisioni che ne hanno fissato le

dimensioni. In questa discussione, può sembrare ridicolo, o sacrilego, citare il nome

di Luigi Einaudi. Ma per ironia della sorte, è stato proprio lui, unico forse tra gli eco-

nomisti borghesi, a dare una versione corretta della lotta salariale, quando affer-

mava che il senso economico delle lotte condotte dai braccianti della Valle Padana

non era stato quello di assicurarsi un reddito più elevato attraverso l'impoverimento

dei padroni; ma quello assai più significativo di imporre ai padroni un disegno di

accumulazione del capitale diverso dal passato

(Lezioni di politica sociale, §.

65).

Con questo, il più conservatore degli economisti borghesi, faceva giustizia della teo-

ria delle compatibilità, un quarto di secolo prima che essa venisse formulata.

Ma se i l principio delle compatibilità va guardato con diffidenza, attenzione

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