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C'è stata una sorta di divisione dei compiti per cui, mentre ai «giovani» è toc-

cata la presentazione accademica e oggettiva, i «vecchi» hanno fatto gli interventi

politici e polemici, i più densi di fatti e di riferimenti

al presente.

Riferimenti che in

qualche caso (Foa) sono stati di pur ambigua riproposta; in altri (Lama, Napolitano)

di più critica presa di distanza. Ma insomma si capiva benissimo che loro parlavano

di questo mondo. Almeno alcuni dei relatori invece (e chi legge giudicherà dagli atti,

quando saranno pubblicati) si sono meritato l'attacco di Saraceno (che parlava

anche lui di questo mondo, e come!), che ha esordito dicendo che gli economisti ita-

liani stanno troppo ad Oxford e troppo poco in Italia e che per ogni giorno passato

ad Oxford dovrebbe essere obbligatorio pas,sarne quattro a Nuoro. Si può obiettare

che sarebbe stato grottesco che due o tre professorini si mettessero a discutere di

politica alla pari col segretario della CGIL; ma dato che dopo tutto scrivono di eco-

nomia e di politica su riviste e quotidiani d'intervento (come «Consigli» o «il Mani-

festo)>) e dato che i l segretario l i ha presi sul serio ed ha fatto un discorso non da

vescovo, avrebbero potuto farlo benissimo. E così avrebbero potuto rispondere al

vivacissimo, polemico Saraceno, intervenuto più volte dal posto e dal podio a soste-

nere che il piano non entrava nel merito dei problemi, che non era economicamente

serio, che era solo un espediente politico per superare una congiuntura sindacale (la

stessa tesi della relazione di Paolo Santi), che la colpa del fallimento della program-

mazione era dei partiti del movimento operaio che non ci credevano e non l'avevano

appoggiata sul serio. La replica diretta a Saraceno è venuta da Salvati, che ha fatto

rilevare giustamente che la pianificazione di Saraceno implicava (ed implica) un

controllo sulla classe operaia di tipo giapponese e la sconfitta secca, non la collabo-

razione, del movimento operaio.

A prescindere dalla scelta di ((non intervento» nella discussione sul presente,

due mi sembrano le manchevolezze maggiori del quadro economico e culturale

emerso dalle relazioni: 1) il mancato confronto con gli anni '50 e '60, con lo sviluppo

reale del paese, avvenuto in maniera distorta, traumatica, squilibrante, capitalistica

cioè, ma certo avvenuto; 2) l'insistenza sull'arretratezza culturale degli economisti

italiani (di Einaudi in particolare, ma di tutti gli economisti di governo) per spiegare

o contribuire a spiegare le scelte economiche. Su ambedue gli aspetti sono state assai

utili le precisazioni e le analisi dell'intervento di Salvati, in polemica con Saraceno,

fatte come sempre, secondo me, in un'ottica che potrebbe essere definita laburista,

ma nel merito rigorose e del tutto condividibili.

Sulla centralità della prima carenza mi pare inutile insistere. O si accetta la tesi

che il piano è solo un espediente per rompere l'isolamento dei partiti del movimento

operaio e della CGIL, ma allora guardare cosa c'era scritto è solo una curiosità e

farne la storia delle idee un'operazione oziosa, o le Proposte, almeno nell'imposta-

zione, almeno nell'ammontare dell'occupazione richiesta, vanno prese sul serio, ed

allora bisogna vedere come sono andate le cose. Fa paura pensare che qualcuno

possa fare il bilancio delle lotte per le riforme o per gli investimenti di questi anni

senza andare a vedere se le riforme e gli investimenti ci sono stati; se ci sono stati

nelle forme e nei tempi richiesti o in altra forma. Sulla strada ambiziosa e originale

scelta dal sindacalismo italiano delle richieste non salariali, se non si elaborano con-

trolli si fa solo fumo. Intanto si potrebbe cominciare con i controlli storicamente

possibili, e immetterne nella formazione dei quadri operai i metodi e i risultati. I con-

trolli di massa di cui tutti parliamo, si costruiscono anche elaborando valutazioni e

controlli rigorosi, dando al movimento la memoria storica necessaria a valutare cose

più complicate della busta paga, che per fortuna sappiamo controllare tutti, senza

bisogno di formazioni apposite. Invece questo aspetto è clamorosamente mancato.

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