

ammissione graduale a forme limitate di proprietà privata soprattutto nel settore
immobiliare. Nei confronti delle classi impiegatizie, vale la benevola concessione del
posto di lavoro, che ormai rappresenta il salvataggio dalla disoccupazione: più che
sufficiente per tenerli tut t i sospesi al f i lo dell'incertezza e del clientelismo che
domina i criteri di assunzione. Nei confronti dei commercianti, vale il controllo di
polizia; per il resto, una sana concorrenza che ne moltiplichi il numero in nome della
libertà di ingresso, sarà più che sufficiente a ridurre all'osso i l reddito dei piccoli,
lasciando comodi margini di profitto per i grossi (che magari fanno capo a grandi
gruppi dell'industria manifatturiera).
Nel valutare le due strategie non èmale chiarire che ciascuna delle due possiede
la sua coerenza e la sua efficacia, e nessuna può essere qualificata a priori migliore o
peggiore. Secondo alcuni, la prima si presenta come una strategia di efficienza e di
progresso sociale (una sorta di capitalismo illuminato e progressista), mentre la
seconda incarna il volto più retrivo e repressivo del capitalismo, e per di più sviluppa
settori parassiti, moltiplicando elementi di inefficienza già sovrabbondanti. Un giu-
dizio così sicuro va dato con molta prudenza, e, a ben rifletterci, è dubbio che le due
linee possano contrapporsi con tanta precisione sia sul terreno dell'apertura sociale
che su quello dell'efficienza produttiva. Sul terreno sociale, la strategia del vecchio
padronato può sembrare più illuminata, perché fa gesti di apertura verso il sindacato
eaccetta, o addirittura stimola, la discussione sulle riforme. Ma non è difficile ren-
dersi conto del fatto che queste sono mosse dirette a dividere la controparte; a tali
mosse è difficile che i l sindacato possa sottrarsi, ma nella sostanza il gioco è più
astuto che illuminato. Sul piano dell'efficienza, la linea del nuovo padronato è stata
condannata ripetutamente come linea dello spreco, perché alimenta l'espansione di
una categoria parassita, fatta di lavoratori improduttivi, economicamente dannosi
oltre che politicamente reazionari. Ma anche sotto il profilo dell'efficienza, è ben dif-
ficile distinguere fra le due linee. La linea dell'industria pesante, e dell'espansione
della popolazione urbana impiegatizia, realizza indubbiamente una diversa strut-
tura produttiva ed una diversa articolazione sociale; sotto il profilo economico, con-
cede meno reddito ai lavoratori che producono beni materiali e lascia più spazio ai
produttori di servizi. Ma non è possibile stabilire se una linea è più efficiente del-
l'altra ponendosi da un mitico punto di vista «nazionale» che abbracci gli altrettanto
mitici interessi dell'intera collettività. I lavoratori del settore terziario (che fra l'altro
comprende situazioni diversissime, dalla quasi miseria del commercio ambulante
all'opulenza del grasso burocrate) vengono disinvoltamente classificati come paras-
siti della società; ma, a ben vedere, anche se essi non producono beni materiali, e
anche se i servizi che essi offrono potrebbero essere conseguiti diversamente o se ne
potrebbe addirittura fare a meno, essi svolgono tuttavia una funzione economica;
che non è soltanto quella di assicurarsi una sopravvivenza, attraverso un lavoro che
maschera situazioni di disoccupazione, ma anche quella di essere canali di immis-
sione di reddito monetario che crea domanda per l'intero sistema economico. La
linea dell'industria pesante conduce presumibilmente ad un'espansione minore della
produzione materiale; essa può inoltre essere giudicata severamente per le ingiusti-
zie sociali che alimenta sotto forma di diseguaglianze nella distribuzione dei redditi;
può essere condannata per l'assetto politico di natura prettamente clientelare cui dà
luogo, creando, nell'ambito della stessa classe lavoratrice, zone di privilegio politi-
camente sempre meno recuperabili; ma, sotto i l profilo dell'efficienza economica,
cheè l'aspetto per il quale essa viene più violentemente attaccata, è difficile conside-
rarla inferiore alla linea contrapposta. Le proteste di un Agnelli contro l'inefficienza
dei settori non manifatturieri, valgono più come difesa di una posizione personale,
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