

Quel linguaggio è consapevole delle proprie valenze pratiche. Esprime un'intenzione politica
nel rifiuto di quei moduli di discorso che incoraggiano la riproduzione all'infinito dei prodotti
culturali. Laing ha scelto di muoversi ad un livello (stabilendolo e ristabilendolo) in cui
discorso comune sull'esperienza comune e libertà antiaccademica di «dire tutto» si incre-
mentano reciprocamente.
Non può quindi destare molta meraviglia il fatto che Laing ci si presenti ora anche come
l'autore di un volumetto di poesie. Ammesso che di poesie si tratti (ma qual è la carta d'iden-
tità della poesia?) quelle di Laing si distinguono se non altro per la presenza di un valore
d'uso (analitico e forse terapeutico) nettamente più alto della media dei testi compresi di
solito nel genere poesia. Ciò che qui manca è appunto la
coscienza letteraria.
I l che costi-
tuisce per chi scrive e forse per chi legge un vantaggio non trascurabile. Anche
The Bird of
Paradise (in La politica dell'esperienza,
Feltrinelli 1968) poteva sembrare un testo di lettera-
tura. Non lo era. Ma l'illusione di esprimibilità dei vortici interiori creava un'atmosfera un
po' fastidiosa da catastrofe mistico-surreale.
Che cosa invece siano questi testi che l'autore ha chiamato
Nodi
(Einaudi 1974, lire
1.200), è spiegato credo esaurientemente dal lapidario sottotitolo: «Paradigmi di rapporti
intrapsichici e interpersonali». Si tratta di vere e proprie rappresentazioni didattiche. La
banalità (e la tragedia) quotidiana è qui ordinata in una rigorosa grammatica dei comporta-
menti. Per la redazione di questi particolari
Lehrstucke
Laing non si serve di espedienti ricer-
cati. Si limita a mettere in opera con provocatoria perspicuità didascalica i suoi schemi rela-
zionali. Ed è questo schematismo esasperante (con effetti sul lettore che possono andare non
acaso dal senso di soffocamento alla risata liberatoria) che costringe a cogliere dietro l'appa-
rente casualità e varietà delle situazioni e dei cosiddetti destini un numero fisso di mecca-
nismi coattivi. Tornando recentemente sul tema del dominio dispotico della
ripetizione
Elvio
Fachinelli ha spiegato: «una volta operanti certe regole di costruzione (per intervento della
realtà impersonata dalla madre, dai genitori), queste stesse regoie tendono a delimitare la
realtà, a ritagliare l'esperienza della realtà sulla base del loro specifico funzionamento. A
questo punto la realtà si presenta come un
prodotto
delle regole, è inserita in una logica di
ripetizione che ha i l suo fondamento obbligato nell'organizzazione stessa dell'individuo»
(«L'erba voglio» n. 10). Il funzionamento della coscienza come interiorità è tutto proiettato
nella dialettica io-altro, in un sistema indistricabile le cui maglie ripetono all'infinito lo stesso
disegno. Tra la fissità dello schema astratto e l'empirico delle situazioni vissute l'autore ha
scelto per le sue descrizioni un livello intermedio. I l carattere o l'aspetto letterario dei testi
sembra derivare da questa scelta: «Avrei potuto tenermi più aderente ai dati 'grezzi' in cui
queste raffigurazioni appaiono. Avrei potuto distillarle ulteriormente portandole verso un
calcolo logico-matematico astratto. Spero che non siano schematizzate al punto che non si
possa risalire a quelle situazioni specifiche da cui provengono; e che siano tuttavia sufficien-
temente indipendenti di 'contenuto' da poter intuire la definitiva eleganza formale di queste
orditure della
maya».
Il riferimento alla mistica orientale
(maya
è appunto nell'induismo enel buddismo l'illu-
sione cosmica in cui è avviluppata la mente umana) nonè qui un fatto di civetteria terminolo-
gica. In Laing il senso di un'esperienza autentica e liberatoria della realtà è molto forte. La
quinta e ultima sezione di
Nodi
è un compendio di motivi buddistici. La via d'uscita è nel
progressivo scioglimento dei grovigli («Potranno Giovanni e Maria / impauriti che l'uno e
l'altra non siano impauriti / essere impauriti che l'uno e l'altra siano impauriti, e finalmente /
non essere impauriti che l'uno e l'altra non siano impauriti?») ma soprattutto nel movimento
decisivo che corregge o abolisce il passo falso iniziale da cui si genera la catena ininterrotta
delle
impasses (((Tutto
in tutti / Ciascun uomo in tutti gli uomini / tutti gli uomini in ciascun
uomo / Tutto l'essere in ciascun essere / Ciascun essere in tutto l'essere», ecc.). Il silenzio e il
paradosso con cui il libro si chiude alludono a questo «salto fuori della rete». Del resto la
struttura stessa dei brani fa pensare ai
koan
della tradizione zen. Guardare in faccia una
situazione insolubilmente contraddittoria doveva generare la spinta capace di condurre oltre
i limiti della contraddizione.
• Si amo (per riprendere una famigerata distinzione) in uno dei punti terminali della tema-
tica del
cambiare la vita.
Quella più propriamente marxista del
trasformare il mondo
èassen-
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