

questo, non più sul piano culturale-letterario, bensì su quello politico-ideologico.
Dal nazionalismo egli riprenderà due «caposaldi strategici del programma di difesa
degli interessi padronali E...] vale a dire l'antisocialismo e il collaborazionismo di
classe» (43). Ma il fascismo, a differenza del nazionalismo, avrà la capacità di
appropriarsi una strategia «popolare», e quindi, la forza di diventare movimento di
massa. I l «salto» di Mussolini dal neutralismo socialista all'interventismo costi-
tuisce appunto il dato-chiave che permette a lui di inserirsi nella corrente che lo avvi-
cinerà a larghemasse di popolo, e a noi, in sede storiografica, di valutare le origini
del suo fascismo. Ancora una volta il De Felice, immerso completamente nel suo
personaggio fino al punto di assumersene in perfetta coscienza ledifese più ardue, fa
inmodo di presentare Mussolini sotto la luce più favorevole, sfiorando pericolosa-
mente il ridicolo: tanto chenonpuò evitare, di tratto in tratto, di cascarvi clamorosa-
mente. Non intendo ripercorrere il cammino del nostro storico nella delineazione
della tormentata vicenda che conduce il futuro capo fascista dalla militanza socia-
lista a fare parte per sestesso: è storia troppo nota. Mi limito a segnalarne le pietre
miliari.
5. La «svolta» di Benito Mussolini
Per Renzo De Felice, l'ottobre 1914 non rappresenta, nella storia del suo eroe
Mussolini, nèun brusco voltafaccia, nè l'inizio di unapenosa involuzione; al contra-
rio, è il gesto coerente di un rivoluzionario. La guerra cheMussolini abbraccia nonè
altro che la rivoluzione, compiendo un gesto di rottura e di stimolo nei confronti di
una tradizione socialista inficiata da attendismo, verbalismo, positivismo. É precisa-
mentequesto il rosso filo che lega le scelte di Mussolini, dalla violenta requisitoria
contro Bissolati, Bonomi e gli altri «destri» al Congresso di Reggio Emilia del '13,
alla creazione nel novembre dello stesso anno della «rivista quindicinale del socia-
lismo rivoluzionario italiano», «Utopia»; dalla crisi, che esattamente a distanza di
unanno lo conduce fuori del Partito socialista innome dell'interventismo (rivoluzio-
nario, non si stanca di sottolineare il Nostro) e alla fondazione di un proprio giorna-
le, alla organizzazione, a conflitto concluso, di unmovimento politico che raccolga
leesigenze sociali nate con la guerrae le indirizzi r secondoDe Felice—adunmuta-
mento rivoluzionario della situazione italiana. La difesa, anzi, la lode di Mussolini
rispetto alla fondamentale questione della sua cosiddetta conversione dal neutra-
lismo all'interventismo, è nella sostanza il tema centrale del primo volume della
biografia. Essa è stata più recentemente ripresa dallo storico, sia pure in chiave più
sfumata (considerata la sede?), nella sua presentazione ad una riedizione fotoli-
tografica della citata rivista «Utopia». «Di fronte alla dimostrazione» scrive De
Felice alludendo all'esito della settimana rossa del giugno '14 «che la presa del
potere da parte del proletariato secondo i classici schemi rivoluzionari non era possi-
bile (e non lo sarebbe stato chissà per quanto tempo), due necessità si imponevano:
non lasciare svanire la carica rivoluzionaria che animava il movimento ed elaborare
una nuova strategia rivoluzionaria» (44). «Utopia», «Il Popolo d'Italia», e i Fasci di
combattimento sarebbero stati gli elementi di soluzione che Mussolini offre
all'urgere di tali problemi: rimanendo intatta la sua buona fede rivoluzionaria, se il
capodel fascismo si troverà a percorrere la strada antisocialista e antiproletaria che
percorrerà, gli è che egli è, per riprendere una vivace critica di Aurelio Lepre, un
uomo «vittima degli avvenimenti che vorrebbe andare a sinistra, ma è fatalmente
respinto a destra, che vorrebbe collaborare con popolari e riformisti, ma viene ine-
luttabilmente risucchiato nell'area reazionaria e nazionalista» (45).
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