di un ceto medio e piccolo-borghese viene contemperata, e indirizzata, dalla preva-
lenza politica di uomini tratti dalle classi dominanti economicamente. Gli stessi temi
politico-ideologici predominanti sul «Popolo d'Italia» e sulla stampa minore sono a
mio giudizio significativi in tal senso. Perché infatti se, da un lato, lo sfruttamento
del grande tema combattentistico e la retorica della «vittoria mutilata» valgono pra-
ticamente solo e soltanto in direzione di quella piccola borghesia umanistica così
brillantemente ridicolizzata dal Salvatorelli; d'altro lato, la gran parte del discorso
del primo fascismo investe direttamente quello che non può non apparire, anche agli
occhi di Mussolini, il vero argomento centrale della vita italiana del post-conflitto, lo
scontro di classe tra ceti borghesi e classi proletarie. Come ho già avuto occasione di
scrivere in questa sede (19), il vero elemento caratterizzante del fenomeno fascista, e
non solo in Italia, è il suo tentativo— rispondente ad una necessità storica delle sin-
gole borghesia nazionali —di sottrarre la massa lavoratrice alla classe per «inserirla
nella nazione», come amava scrivere il duce: inquadrare cioè il proletariato urbano e
rurale entro gli schemi di un grande nazional-sindacalismo capace di garantire una
perfetta pace sociale giovevole, anzi direttamente funzionale agli interessi del pro-
fitto capitalistico, a prezzo di qualche secondaria concessione in fatto di generica
«sicurezza» sociale. Mussolini, ancor prima della storica «adunata» di piazza S.
Sepolcro del 23 marzo 1919, bada a non perdere i contatti con il mondo operaio: «il
proletariato è, nel suo complesso, diventato nazionale, ma per farlo rimanere in
questo quadro, è necessario migliorare il più sollecitamente possibile le sue condi-
zioni di vita. [m] io credo che i postulati da agitare immediatamente possano essere i
seguenti: nove ore di lavoro dal 1° gennaio 1919; otto ore dal 1° gennaio 1920;
minimi di salario; interessamento morale e materiale delle maestranze nelle imprese;
partecipazione delle organizzazioni del lavoro alla conferenza della pace, per la trat-
tazione dei problemi internazionali del lavoro». («Popolo d'Italia», 14 novembre
1918). Ma, come si può costatare, difficilmente questo può essere giudicato un
programma di sinistra, un programma proletario; dirò di più, esso non esprime
neanche — come in qualche maniera i l programma presentato al Congresso di
Firenze dei Fasci di combattimento il 9 ottobre 1919, e anticipato sul quotidiano il 6
giugno— il velleitarismo confusionario tipico delle posizioni della piccola borghesia.
Invero qui è tutto estremamente chiaro: dietro una vagamente accennata scelta di
terza forza tra le due classi antagoniste, si presenta una decisa accettazione degli
interessi del padronato, urbano e rurale, che siriduconopoi a questo: tenere buone le
masse operaie, sottraendole al controllo socialista e inquadrandole in forme e strut-
ture «nazionali», e massimizzare il profitto capitalistico. Il terzaforzismo del primo
fascismo è inequivoco sin dai suoi esordi: «Si apre nella storia un periodo che
potrebbe definirsi della 'politica' delle masse o dell'ipertrofia democratica. Non pos-
siamo metterci di traverso a questo moto. Dobbiamo indirizzarlo verso la democra-
zia politica e verso la democrazia economica. La prima può ricondurre le masse
verso lo Stato, la seconda può conciliare, sul terreno comune del
maximum
di produ-
zione, capitale e lavoro». («Popolo d'Italia» 18 marzo 1919). I l produttivismo è la
sua ideologia e borghese è la sua ispirazione.
Tutto ciò vale per le origini del movimento fascista. Quando si passa invece ad
esaminare il '20-21 non si può non ammettere una convergenza di larghi strati inter-
medi nelle file fasciste, determinata oltre che da un generale scivolamento a destra
del ceto medio, da una scelta legata a precisi interessi economici. La situazione
finanziaria del paese e la politica fiscale dei governi liberali non risparmiano i percet-
tori di redditi fissi, mentre i commercianti e i bottegai vedono nelle cooperative un
p, concor rente troppo pericoloso: i l fascismo nel '20-21 abbandona l'aspetto «pacifi-
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