Table of Contents Table of Contents
Previous Page  126 / 164 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 126 / 164 Next Page
Page Background

specifici, ristretti, di curiosi, di nostalgici, di addetti al lavoro storiografico profes-

sionale. É evidente che la storiografia per catturare alle proprie tesi gli incerti, gli

«imparziali», i giovanissimi, i disinformati, deve ostentare una sostanza

scientifica

e

una forma

obiettiva.

Ora, per ritornare al Nostro, non v'è dubbio che Renzo De

Felice avesse tutte le carte in regola, come si diceva: professore ordinario all'univer-

sità; numerosi lavori al suo attivo; rapporti di collaborazione con ambienti culturali

di sinistra, quali l'Istituto Feltrinelli e la «Rivista storica del socialismo».

L'editore prescelto (ma ignoro chi ha scelto e chi è stato scelto) costituisce

un'ulteriore garanzia di serietà e anzi darà, almeno inizialmente, una vernice

ros-

sastra

all'impresa annunziata; così come, infine, la prefazione (benchè sottilmente

critica) al primo volume di un maestro della scienza e del metodo storico quale il

Cantimori, fornisce il

Mussolini

di De Felice di un imprimatur tanto serio quanto

democratico. Rimane da chiedersi che cosa direbbe il maestro dell'opera dell'allievo,

oggi,

dopo che al primo si sono susseguiti altri tre ponderosi volumi, oggi che alle

perplessità sollevate dall'interpretazione del

Rivoluzionario

si

è sostituito lo stupore

che pervade il lettore del

Duce.

Analogamente forse non sarebbe inutile riflettere, in

un più ampio contesto, sulla contraddizione—ma è poi veramente tale?— rappre-

sentata dal fatto che il più importante editore «di sinistra» pubblica l'opera magna

del capofila della storiografia moderata e

destreggiante.

Si potrebbe anche ipotiz-

zare un editore in qualche modo «prigioniero» del suo autore, che alla consegna di

ogni nuovo tomo dell'opera si ponga l'ansiosa domanda: «dove sarà arrivato, questa

volta?», temendo che il De Felice sia giunto alla pura e semplice lode

post mortem

del suo personaggio. Ma, pure volendo prescindere dalla fantasiosità di siffatta ipo-

tesi, certamente all'editore non deve dispiacere il successo oramai scontato dell'ope-

ra, che deve voler dire qualche cosetta anche in termini finanziari tanto per la casa

editrice che per l'autore: è facile supporre che l'acquirente del primo volume non si

sia lasciato sfuggire i successivi (il prezzo di ciascuno di essi oscilla tra le dieci e le

quindicimila lire): anche per l'oggettivo desiderio che l'opera suscita di vedere come

andrà a finire; non i l Mussolini, s'intende, ma il De Felice.

In un suo fortunato volumetto uscito a metà del '69 (3)—un'opera sulle inter-

pretazioni del fascismo «tradotta o in corso di traduzione» avverte la sovracoperta

interna dell'ultimo tomo della biografia mussoliniana (4), «in quasi tutte le lingue

europee e in giapponese»—De Felice, dopo aver, sommariamente, esaminato tutte

le principali interpretazioni complessive del fenomeno fascista, giunto a metà del-

l'analisi delle interpretazioni italiane del «nostro» fascismo, si lascia sfuggire, a

mezza voce, la seguente affermazione: «è un dato di fatto che il fascismo rientra per

alcuni aspetti—e non dei meno rilevanti—tra le manifestazioni della lotta di classe»

(5). Una palese svista per uno che col marxismo non ha (più) nulla a che spartire? o

una civetteria per non alienarsi troppi studenti? Invero,, si trittta di un'incongruenza

solo apparente

nella fascistologia

defeliciana: basti po.r mente a quelli che risultano

essere i maestri del Nostro in questo precisasettore della ricerca storica. Le basi teo-

riche del

fascismo secondo De Felice

vanno ricercate in Mannheim, Lipset, Arendt,

Kohn, Del Noce, e altri, con una particolare propensione per la sociologia ameri-

cana (6). Tut t i studiosi variamente ma sicuramente conservatori, i l cui insegna-

mento complessivo,

about Fascism,

è questo, schematizzando grossolanamente: il

fascismo, alla stregua del nazionalsocialismo e del comunismo (bolscevismo, stali-

nismo: varianti), è una specie del

totalitarismo,

visto ora come categoria ricorrente

nella storia umana (è il caso di Augusto del Noce,

p.es

.) ora come complesso frutto

della crisi della società liberale (v. in particolare l'analisi di Hannah Arendt) (7). In

tutti costoro e ad un livello piuttosto degradato di elaborazione teorica in altri—la

124