acquisito dello studio del fascismo. Al ludo ai rapporti reali, funzionali e strutturali
tra Mussolini, i ras, le sedi dei Fasci prima, del PNF poi, da un lato, e gli uomini e gli
organismi del potere economico nelle sue varie articolazioni, dal l 'al tro: che è
proprio quanto i l nostro uomo trascura nella sua opera. Come accennavo, non si
può negare che per tanti versi il fascismo è, al suo sorgere, un movimento «picco-
lo-borghese» (uso le virgolette in ragione della genericità della definizione, peraltro
ormai
classica,
com'è noto). Ma in che senso lo è? Senza addentrarmi in una
questione meritevole di una disamina dettagliata e corposa, dirò semplicemente che
il fascismo nasce in ambiente culturale esemplarmente piccolo-borghese, che ha
rimasticato Pascoli e D'Annunzio, ha imparato qualcosa da Sorel e qualcos'altro da
Nietzsche, è stato imbevuto di risorgimentismo, ha cullato il patriottismo, ha recen-
tissimamente (con la nascita dell'imperialismo italiano e la contemporanea esalta-
zione degli appropriati miti da parte dei corifei del nazionalismo) riscoperto—come
altre volte in passato— la «romanità» e se n'è fatto un frustrato vanto, ma, si badi, ha
avuto lungamente a che fare, e spesso con partecipazione emozionale, con la storia
del movimento socialista. La guerra mondiale prostra economicamente i l medio
ceto, in particolare i percettori di redditi fissi, gli impiegati, i lavoratori intellettuali, i
piccoli risparmiatori. Ma gli infonde altresì una vivace esaltazione, nella quale la fie-
rezza di aver sostenuto— in prima fila, come ritiene l'ufficiale di complemento— il
sacrificio bellico, si mescola con la rabbia contro chi la guerra non l'ha fatta o su di
essa si è arricchito illecitamente. É un ribellismo che in larga misura ripropone lo spi-
rito reazionario dell'interventismo, ma che contiene in sè i germi di una protesta anti-
capitalistica, velleitaria ma talvolta genuina.
Il fascismo raccoglie questi fermenti, queste insoddisfazioni, questo malcon-
tento incapace di unificarsi e organizzarsi: i primi organizzatori fascisti sono in
larga parte di estrazione medio e piccolo borghese (ma non sono affatto irrilevanti le
presenze, caratterizzanti, di esponenti dei ceti superiori, borghesi, agrari, latifon-
disti, aristocratici), e quindi non hanno difficoltà ad esprimere, realisticamente e
direttamente, la situazione psicologica ed economica del ceto intermedio, con tutte
le sue contraddizioni. É noto che già nel cosiddetto primo fascismo troviamo la com-
ponente sinistrorsa affiancante quella destrorsa: ma è quest'ultima che concreta-
mente tiene in mano la baracca, come dimostrano i dati sulla composizione sociale
dei primi Fasci di combattimento, raccolti dalla segreteria nazionale nel 1921 (14).
La maggioranza dei Fasci, infatti, è retta da organismi collegiali nei quali gli espo-
nenti delle classi medio-superiori fanno la parte del leone, o controllano comunque la
situazione. E in verità la stessa componente «di sinistra» presenta connotati dubbi,
anche per quell'impossibilità di essere rivoluzionario nella misura in cui non è prole-
tario, e non fa scelte in senso proletario, che affligge lo stesso anticapitalismo del
ceto medio (15). D'altronde non si può trascurare che all'indomani dell'armistizio
«era per l'aria un senso di rivoluzione» — per usare una bell'espressione di Gentile
(16)—e, a parole, debbono tenerne conto gli stessi leader dello stato liberale: sono
citatissime le espressioni in questo senso di Salandra, Orlando, Nitti (17). A maggior
ragione di codesto rivoluzionarismo immanente deve tener conto Mussolini, pena il
rimanere tagliato subito fuori dalla corsa: ciò contribuisce a dare ragione di certo
tono arrabbiato, di certe fumisterie antiborghesi, di certi «programmi» riformatori
del primo fascismo, di cui si è tanto discorso (18).
Quindi i l fascismo è al suo nascere un movimento piccolo e medio borghese
soprattutto—per non dire esclusivamente—per quel che attiene alle matrici cultura-
li, in senso lato. Se guardiamo all'origine sociale, s'è accennato sopra, il problema
appare subito più complicato: la prevalenza numerica nelle file dell'organizzazione
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