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Nelle proposte che entrano dentro i l bubbone

dell'umanizzazione

i l sinda-

cato dimostra l a volontà d i ricercare un terreno d i unificazione strategica

tra i l progetto del suo inserimento organico entro l ' industria e la necessità

di precostituire condizioni che rendano più diffici l i forme d i lot ta spontanea

e autonoma. Infat t i , l iberato del la scorza fumosa, i l discorso sull'umanizza-

zione non è al t ro che l a rilevazione del fat to che, se si vuole aumentare l a

produttività, le tecniche basate sullo sminuzzamento delle funzioni lavorative

non sono p i ù sufficienti. Che i l costo che l a C.O. f pagare a l capitalismo

non è riconducibile meramente al salario ma, in prima istanza, a quella resi-

stenza passiva e a quel la conf l i ttual i tà permanente che senza br igl ie può

sfociare i n forme più radical i e antagonistiche. Di ciò bisogna tener conto,

bisogna programmare l'applicazione di sistemi entro i quali i l ruolo del sinda-

cato non pot rà non essere centrale. E al lora i l superamento del le vecchie

categorie, della job evaluation, la sostituzione con forme più umane di lavoro:

l'arricchimento orizzontale (numero d i operazioni) e verticale ( t i p i d i opera-

zioni), gruppi informal i d i lavoro. I n questa prospettiva i l sindacato si affer-

ma come canale dialettico in fabbrica t ra classe operaia e padroni.

A parte l 'ovvia considerazione che non s i capisce per quale miracolosa

circostanza dovrebbe essere più umano, oltre che condurre, attrezzare e rego-

lare la macchina, darsi i l benestare d i qualità, ecc. o montare 5 componenti

invece che 2, t u t t o c i ò r ient ra sostanzialmente nell 'alveo del le scelte che,

seppure con lentezze e contraddizioni, i l padronato i tal iano stà compiendo

o è in procinto di compiere. Gabellare i l processo di ristrutturazione i n atto

come l inea d i lot ta operaia tesa al la realizzazione d i un maggior control lo

della produzione e delle condizioni di lavoro, è i l gioco che i l sindacato porta

avanti oggi i n modo spregiudicato. E t u t t o c iò potrebbe essere archiviato

sotto l a rubr i ca «confusionarismo teor ico e r i formi smo prat ico» se non

fosse per due riflessi oggettivi important i d i cui è necessario tenere conto.

In pr imo luogo è necessario considerare che pe r quanto tese ad un

ingabbiamento e nel lo stesso tempo ad un control lo p i ù elastico dei movi-

menti del la classe operaia i n fabbrica, l e proposte sindacali relat ive a l l a

riorganizzazione hanno una base materiale nella volontà operaia di rimuovere

le situazioni più dure d i oppressione e d i control lo i n fabbrica. E ' naturale

attendersi che ogni qual volta i l sindacato lancerà parole d'ordine che porte-

ranno al la realizzazione d i un sia pu r minimo allentamento del le forme d i

controllo repressivo, ciò a prescindere dall'insorgenza d i forme d i control lo

più indirette ed efficaci, coglierà un'esigenza reale e sentita a l ivel lo operaio.

E faci le prevedere che, laddove c i saranno, i piccol i vantaggi immediat i s i

tradurranno a medio termine i n costi secchi dal punto di vista dell'effettiva

autonomia operaia e delle sue capacità d i iniziativa politica. Da ciò non ha

da derivare una posizione pr imi t i va de l t i po ' tanto peggio, tanto megl io'

ma la crescita di un discorso che sappia utilizzare la volontà di lotta operaia

contro le forme più dure di oppressione in fabbrica, come momento di pola-

rizzazione del la l ot ta cont ro l a st rut tura complessiva del potere borghese

nella fabbrica.

In un volant ino dist r ibui to nel febbraio d i quest'anno e f i rmato «Un

gruppo di delegati di Mirafiori» si legge «Alcuni compagni... parlano di ricom-

posizione delle mansioni... per cercare di rendere i l

lavoro più umano

e

meno

alienato.

Deve essere chiaro s i n da o r a che pe r lavoro p i ù umano deve

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