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aiuti, governi e affari organizzati arrivarono alla conclusione che alla lunga

sarebbe stato meglio effettuare un pagamento a titolo di riparazioni piuttosto

consistente, che per un certo periodo avrebbe fruttato parecchio... I paga-

menti erano infatti una forma di investimento, promossa da grossi uomini

d'affari vicini al Primo Ministro che vedevano in essi un'occasione eccellente

per realizzare dei profitti collaborando nel contempo con gli Stati Uniti nella

loro politica di resistenza al comunismo nel Sud-Est asiatico » (Yanaga).

11programma per le Filippine illustra i due aspetti chiave dell'intera

questione: i l predominio assoluto del mondo degli affari e i l carattere stru-

mentale del contenuto effettivo degli accordi. Nel caso delle « riparazioni »

alle Filippine, i grossi uomini d'affari che conducevano i l negoziato si accor-

darono tra loro sulla somma da offrire alle Filippine senza nemmeno infor-

mare i l loro stesso ministro delle finanze, Ichimada.

Le Filippine rifiutarono di varare una legge a garanzia degli investimenti

(per la residua ostilità verso i giapponesi e le pressioni della

lobby

filippino-

americana); gli interessi giapponesi dovettero perciò farsi sentire attraverso

il controllo dei trasporti, delle licenze, del personale tecnico, ecc. Uno studio

sugli effetti delle « riparazioni » e degli « aiuti » giapponesi alle Filippine

mostra che queste attività sono state utilizzate per scaricare su quel paese

beni di consumo eccedenti, soffocare lo sviluppo economico locale, assumere

il controllo d i aziende filippine, corrompere i funzionari governativi, ecc.

I l colmo del programma f u raggiunto allorchè i l Giappone esportò nelle

Filippine una fabbrica di munizioni del valore di sei milioni di dollari —

come riparazione di guerra!

1.3b.

L e non-riparazioni

Come parte della collusione tra gruppi dominanti giapponesi e america-

ni, tradottasi nel cosiddetto Concordato di Pace e nelle risultanti operazioni,

il Giappone non ha mai pagato riparazioni nè alla Cina nè alla Repubblica

democratica popolare di Corea. Secondo quanto afferma John Dower: « Diret-

tamente o indirettamente, avevano ucciso i n Cina un numero d i persone

valutato t ra gl i undici e i quindici milioni, lasciando sessanta milioni d i

senzatetto e provocando danni per un totale valutato sui 60 miliardi d i

dollari ». Ne l maggio 1960, i l « Quotidiano del popolo » riaffermò i l di -

ritto di Pechino a richiedere 50 miliardi di dollari di riparazioni come con-

dizione preliminare per intrecciare rapporti diplomatici con Tokio. Quattro

anni dopo, questa posizione venne riconfermata da un rappresentante com-

merciale giapponese, i l quale lasciò intendere che forse merci e denaro non

sarebbero stati necessari, ma che i l Giappone avrebbe dovuto pagare l'intero

conto presentando l e proprie scuse. Giudicando dalla recente dichiarazio-

ne del ministro degli esteri Fukuda, i l gruppo dominante giapponese sta

bisticciando sulle forme che queste scuse dovranno assumere. Kishi e i suoi

scagnozzi nella lobby filo-Taiwan hanno ripetutamente addotto i l fatto che

il gruppo di Chiang avrebbe rinunciato alle riparazioni come un'eccellente

ragione per sostenere il governo di Taipei anzichè quello di Pechino.

1.3c. «

Aiuti

»

«Benchè i l Giappone conceda prestiti, si riprende con l'altra mano, co-

me per incanto, quasi i l doppio della somma prestata » (Tunku Abdul

Rahman).

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