

vi si aggiunge la media borghesia commerciante). Per questo motivo e per
il suo radicamento materiale all'interno della classe politica e della buro-
crazia pubblica, si può affermare che i l blocco al potere è molto compatto,
vivendo anche della mediazione dei conflitti di interesse interni, e che quasi
ovunque è "dominante" (non avendo più bisogno da tempo di essere anche
"egemone").
6.
Da l l e contraddizioni a i conf l i tt i .
Tocchiamo infine u n punto che è cruciale sia pe r un'adeguata i n-
terpretazione delle tendenze in atto, che per elaborare una strategia politica
adeguata al livello attuale delle contraddizioni.
In primo luogo la varietà di conflitti sociali che sono esplosi negli ul-
timi anni; i n secondo luogo l a specifica difficoltà, ormai ampiamente do-
cumentata dall'esperienza, di una traduzione adeguata ed efficace delle con-
traddizioni in conflitti.
(a) Da quanto abbiamo detto risulta che nel Sud, più che al Nord, le con-
traddizioni dello sviluppo distorto si manifestano a loro volta in forme me-
diate o 'deviate'. Da un lato emergono sempre più chiaramente"
conflitti le-
gati al la fabbrica capitalistica moderna,
ma questi riguardano solo una pic-
cola parte delle classi subalterne e del proletariato urbano stesso. Dall'altra,
si sviluppano sempre più conflitti che dipendono dal processo stesso d i
emarginazione relativa all'interno di aree urbanizzate, ma nelle quali si ac-
centua la . forbice tra
urbanizzazione
e
industrializzazione.
Si tratta di con-
flitti connessi al mercato del lavoro, cioè all'impossibilità strutturale di of-
frire occupazione a masse crescenti d i popolazione urbanizzata. Non solo,
ma gruppi sociali molto eterogenei sono interessati negativamente a l pro-
cesso di mancato sviluppo industriale, per cui i
conflitti
si articolano "ne-
cessariamente" su base interclassista, mobilitando solidarietà "territoriali'.
Ciò fornisce occasioni di strumentalizzazioni politiche e di integrazioni de-
viate degli obiettivi, ma segnala anche l'emergere d i un tipo d i conflitti
nuovi, che hanno a che fare non con le contraddizioni immediate dei rap-
porti di produzione, ma con quelle del modello di sviluppo squilibrato. Si
tratta di conflitti legati, cioè, non tanto alla fabbrica, che è spesso assente,
ma al territorio (quartiere, città, zona). E' grande la facilità con cui vengono
riaccese e strumentalizzate identità comunitarie, quando i l contesto effettivo
del conflitto non è certo la comunità tradizionale; tuttavia i l riferimento ter-
ritoriale è reale, poichè reale è l'emarginazione complessiva della 'periferia'.
La domanda sociale che si articola eventualmente nei conflitti del se-
condo tipo è la richiesta di essere coinvolti, di partecipare direttamente, al
processo di sviluppo, e di non essere semplicemente amministrati come 'pe-
riferia', alla quale possono essere concesse quote marginali delle risorse che
il sistema nel suo complesso accumula nello sviluppo. I l caratteristico in-
terclassismo di questo tipo di conflitti si confonde naturalmente con quello
di origine diversa, più tradizionale, che dipende dalla debole articolazione
di classe della società dovuta appunto allo scarso peso finora nella società
della fabbrica ( e della città) capitalistica avanzata coi suoi netti rapporti
sociali che permettono i l conflitto t ra classi come confronto t ra collettivi
con identità sociopolitiche chiaramente differenziate. I l momento cruciale
però è che tendenzialmente i due tipi di conflitti q u e l l o di classe in senso
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