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tentrionali. Anche al Nord conveniva che i l capitale esistente venisse inve-

stito per la produzione di merci che, a loro volta, non facevano concorrenza

ai prodotti del Nord, anzi creavano una domanda addizionale di materiali

(dal cemento agli infissi, agli impianti elettrici, alle tubature) per l o più

prodotti al Nord. Dato il livello tecnologico delle aziende edili, inoltre, questa

era un'attività produttiva che richiedeva minimi capitali per addetto, mi -

nime capacità organizzative 'aziendali', e permetteva livelli salariali minimi

per una forza-lavoro non qualificata. Era la via di minor resistenza. Inoltre,

il meccanismo della speculazione sulle aree urbane, permetteva un legame

vantaggioso tra classe politica e questa nuova imprenditorialità:i in cambio

di vantaggi economici (partecipazione agli ut i l i ) l a classe politica garan-

tiva e garantisce (grazie al fallimento della legge urbanistica) l'edilizia da

interventi politico-amministrativi d i controllo.

Ciò è avvenuto anche al Nord, tanto che dalla speculazione edilizia è

sorta una nuova frazione della classe politica nelle grandi città. Ma al Sud,

date le sproporzioni t ra questo settore e gli altri, lo sviluppo dell'attività

edilizia ha coinciso di fatto con

la

politica di sviluppo realmente praticata

(nelle grandi aree urbanizzate): • ciò ha comportato un rinnovo del perso-

nale politico o i l suo riorientamento nell'interesse di questa attività produt-

tivo-speculativa. Negl i ul t imi anni , dal la concorrenza — economica, ma

anche di macchine politiche — tra imprenditori edili, sta sviluppandosi una

frazione ristretta di medio-grandi imprenditori che tendono a razionalizzare la

attività produttiva con l a creazione d i aziende d i maggiori dimensioni e

più intenso capitale (con conseguente espulsione di forza-lavoro), orientan-

dola poi dal livello dell'unità abitativa o del piccolo complesso, a quelle

delle grandi città urbane. Su questo piano è probabile che questa frazione si

scontrerà con la crescente concorrenza sia di grandi imprese del Nord che

dell'impresa pubblica. Proprio per questo s i profilano qu i nuove impor-

tanti occasioni d i mediazione per l a classe politica (locale-nazionale) t r a

questi interessi parzialmente contradditori.

Tra le implicazioni politiche 'latenti' dello sviluppo dell'industria edile

nel Sud si deve, infine, notare che essa per sua natura è diffusa territorial-

mente, basata localmente senza presupporre grandi scambi di risorse o di

comunicazione con soggetti politico-amministrativi sovralocali. Ciò implica

una aderenza 'fortunata' tra interessi economici e interessi politici (cliente-

lari, localistici), che spiega l a funzionalità della collaborazione t r a nuova

imprenditorialità e classe politica e l a sua persistenza (rafforzata dal le

grandi risorse rese disponibili dalla collaborazione stessa). Si deve poi ri -

cordare che l'industria edile contribuisce non poco al la formazione de l

proletariato 'precario' di cui sopra.

(b) Quanto all'imprenditorialità piccola e media manifatturiera, si ipo-

tizza che — come quella edile ha goduto di franchigie legislative — questa

non è pensabile senza i l sostegno del credito politico, cioè l'accesso pr i -

vilegiato a risorse finanziarie (ma anche a committenze) mediate politica-

mente. Questo intreccio fa anzi presumere che vi sia una debole differen-

ziazione d i ruol i t r a imprenditori e politici (relativamente a l Nord) i n

quanto i ruol i sono complementari e entrambi necessari, o almeno van-

taggiosi, per l a stessa persona. La questione del credito politico rinvia a

quella dell'intervento pubblico nel Sud.- Si tratta d i un'alleanza t ra due

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