

durante tutto i l mese di agosto è arrivato a ritirare 4.587 milioni di 'dollari. Le
sue riserve in dollari sono salite dai 7.927 milioni della fine di luglio ai 12.514
milioni della fine di agosto, ponendolo al secondo posto nel mondo, dopo la sola
Germania occidentale, ma davanti agli USA (17.359 milioni di dollari e 12.200
milioni di dollari rispettivamente). Sembra che i l governo abbia speso fondi consi-
derevoli per coprire degli interessi privati, in particolare quelli degli armatori che
desideravano liberarsi dei dollari (fino a poco tempo fa soltanto 1'1% dei contratti
della cantieristica giapponese erano stipulati in yen).
Dopo aver speso a sostegno del dollaro una somma pari alle riserve di paesi
come l'Inghilterra o l'Italia, Tokyo ha infine deciso di far fluttuare lo yen. Ciò
non significa che lo yen fluttui liberamente. Piuttosto, lo si lascia salire al di sopra
della suaprecedente parità ( in questocaso un po' al di sopra del 5%), controllato
adistanza dalla Banca del Giappone. I giapponesi hanno proclamato che questo
era il massimo che potevano concedere alla debolezza del dollaro, sottolineando che
la « fluttuazione » del 5% più la sopratassaamericana del 10% comportavano un
aggravio del 15% sulle esportazioni giapponesi verso gl i USA (una condizione
più che rovinosa per la maggior parte delle esportazioni).
I punti di forza del Giappone sono i seguenti: le sue riserve molto ampie, ivi
compresi i titoli in dollari, che può usare per premere sugli USA e sul mercato
internazionale ( o per investire all'estero); l a sua capacità di dirottare rapida-
mente le esportazioni verso l'Asia o l'Europa o l'America Latina — per non
parlare dell'URSS ( attualmente impegnata in un insistente corteggiamento di Tokyo
nel quadro della suacampagnaanticinese) o della Cina sedovessescegliere questa
strada; i l fatto che l'economia giapponese rimanga un obiettivo privilegiato degli
investimenti americani — c'è da aspettarsi che i l mondo degli affari americano
protesterebbe vivacemente se le misure di Nixon rendessero più difficile la pene-
trazione dei loro capitali in Giappone dal momento che il capitale americano ha un
disperato
bisogno di un'economia in rapida espansione per ristabilire i suoi margini
di profitto: l'America non può fornire queste condizioni né ora nè probabilmente
nel prossimo futuro; infine, la possibilità che i l Giappone, come estrema risorsa,
prospetti all'America la minaccia o di una guerra delle esportazioni oppure di una
guerradoganaleche, come più sopraosservato, sarebbeestremamenteperniciosa per
gli USA, che hanno un gran bisogno di un'espansione del commerciomondiale. Le
misure di Nixon sono una dichiarazione di bancarotta dell'economia americana, una
lampanteammissione che l'America non può sopravvivere in un mondo libero-
scambistaquale si configura in regime capitalistico. I l Giappone ha ribattuto del
tutto correttamente dal suo punto di vista che o l'America può reggere al protezio-
nismo — nel qual casodeve smetterla di protestare contro i tentativi di autoproteg-
gersi messi in atto dal Giappone i l cui reddito medio è molto minore di quello
americano — oppure deve accettare il libero commercio, nel qual caso il Giappone
èanche troppo contento di seguire questa strada.
E' ancora presto per dire quale sarà l'esito del conflitto. Nei suoi stessi inte-
ressi, i l Giappone dovrà accettare lo scontro. Sembra che esso goda di un certo
appoggio in Francia, e un po' anche in Germania e in Canada. Probabilmente
potrebbe sopportare un « riaggiustamento » generale fino al 10% — cioè o la
solasopratassa di Nixon oppure la rivalutazione del 10% dello yen, possibilmente
accompagnata da altre minori rivalutazioni in rapporto al dollaro — senza perico-
losi inconvenienti. C'è da aspettarsi che l'America giochi le sue ultime carte senza
complimenti per nessuno Ol dnawa , ecc. Ma finora non ha trovato i l modo di
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