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èanche vulnerabile: ogni anno le sue esportazioni superanogeneralmente le impor-

tazioni di parecchi miliardi di dollari, e il MEC ha già minacciatomisure di rappre-

sagliasemmaidovessepassareuna legge protezionistica, a cominciare dai 500 milioni

di dollari di soia esportata annualmente in Europa (molta della quale proviene

dallo Stato natale di Mills, l'Arkansas). Nè sarebbe corretto valutare la questione

sullabase di un semplice confronto quantitativo. Per il Giappone il commercio con

gli U.S.A. è proporzionalmente molto più importante che viceversa pqr gli Stati

Uniti, ma il Giappone haanchemaggiori possibilità di modificare la struttura delle

sueesportazioni — e con rapidità. Esso si trova inoltre in una posizione migliore

per dirottare buona parte delle merci di esportazione sul mercato interno senza

rilevanti effetti negativi. Gli Stati Uniti incontrerebbero delle difficoltà in entrambi

i casi — specialmente per quanto riguarda le loro grosse esportazioni agricole

verso i l Giappone.

Non è dunque corretto ritenere che l'America stia nè più nè meno tenendo

il Giappone per i l collo. E' però corretto ritenere che Nixon stia giocando la sua

ultima carta « politica », Okinawa, in una situazione in cui l'America si trova

quantomeno economicamente svantaggiata. Perdipiù, mentre le contraddizioni in

senoalla classe dominante giapponese sono relativamente trascurabili e la media-

zione politica altamente sviluppata ( Sato è in grado di reperire senza sforzo i

fondi occorrenti per sovvenzionare i settori dell'industria tessile in difficoltà),

le contraddizioni in seno alla classe dominante americana e all'Amministrazione

sonodavvero profonde, e pochi sembrano essere gl i strumenti disponibili per

risolverle.

Occorre inoltre sottolineare che con la sua rapace politica monetaria, che ha

provocatouna forte inflazione del dollaro e con lasua tradizionale politica consistente

nel saccheggiare i l mondo per elevare i l proprio livello di vita interno, l'imperia-

lismoamericano si è ormai cacciato in un vicolo cieco dal quale non gli è più possi-

bile tirarsi fuori mediante i l « libero scambio » — così come sul piano interno

non può più nè combattere l'inflazione nè evitare la recessione ispirandosi alla sua

sorpassata ideologia. Se gli Stati Uniti dovessero decidere di liquidare i l sistema

«liberoscambista » che ha rappresentato la forma d i sfruttamento dominante

nell'epoca dell'imperialismo, potrebbero anche creare le condizioni, attraverso una

depressioneeconomica mondiale, sia per una maggiore autarchia che Per una

ripresa della rivoluzione. La controversia con i l Giappone e le manovre per intro-

durre una legislazione protezionistica hanno fatto saltar fuori praticamente tutti i

singoli aspetti della politica fiscale e commercialeamericana: i l Prezzo di Vendita

Americano; i contingenti del petrolio grezzo; l'irrazionalità di un sistema politico

disarticolato; i l sovranodisprezzo dell'America per gli interessi dei suoi stessi alleati

capitalistici, per non parlare di quelli dellemasse del mondo. Se una legge prote-

zionisticadovessepassare, questa « protezione » costerebbe all'America un ulteriore

aumento dei prezzi che la danneggerebbeancor di più sul piano della competitività

internazionale, e finirebbe per accelerare la fuga dei capitali. Essa indurrebbe inoltre

il governo giapponese ad assumere un atteggiamentomeno aperto verso gli inve-

stimenti U.S.A. nell'industria nipponica, una questione che per molti sostenitori

di Nixon dovrebbe avere la precedenza sulle esigenze protezionistiche dei gruppi

tessili del Sud. L'accordo di Nixon con Strom Thurmond ha provocato più danni

di quanto si sarebbe potuto sperare: ha determinato una grave incrinatura nei

rapporti tra gli Stati Uniti e i l loro alleato capitalistico numero uno, i l Giappone

aprendo nello stesso tempo tra laCasaBianca e il Congresso un solco cheminaccia

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