

o articoli specifici). I l governo giapponese agevolò questa iniziativa non governa-
tiva stanziando una grossa somma (circa 22.5 milioni di sterline) per un inter-
vento congiunturale di sostegno alle piccole e medie aziende colpite dal piano. Ai
primi di marzo, Wílbur Mills annunciò che avrebbe appoggiato la proposta giappo-
nese di limitazione volontaria. In seguito si è saputo che egli aveva tirato i fili dei
negoziati segreti cheavevano condotto a questa proposta. I l ragionamento di Mills
era i l seguente: prima di tutto, qualsiasi tentativo di far passare al Congresso un
provvedimento d i contingentamento nel settore tessile avrebbe inevitabilmente
spianato la via ad un « albero di Natale » come quello del 1970, dando impulso al
protezionismo e a pericolose tensioni internazionali; secondariamente, visto che
qualsiasi misura tendente a restringere le esportazioni giapponesi sarebbe stata
tecnicamente illegale, la cosa migliore era che queste misure fossero i l più possi-
bile informali.
L I 1marzo, Nixon pronunciò un violento attacco contro i l piano, rimprove-
rando i l governo giapponese per aver sottoscritto l'iniziativa « non ortodossa »
contenuta nella proposta ( vale a dire un'iniziativa di carattere privato), e redar-
guendo Mills per aver preso delle iniziative a sua insaputa. In effetti, è probabile
cheNixon temesse che la conclusione dell'accordo tra Mills e l'industria giappo-
nese gli togliesse ogni credito politico — anche se sul terreno strettamente .econo-
micoquest'accordo era forse il migliore che ci si potesseaspettare.
Alcuni giorni dopo, la CasaBianca informò i l Giappone che gli Stati Uniti
avrebbero potuto invocare la clausola del Reciprocal Trade Act relativa alla sicu-
rezzanazionalecomemezzo per limitare le importazioni di fibre tessili fabbricate a
mano, nonchè far ricorso alle scappatoie previste in generale dal GATT (General
Agreement On Tariffs and Trade). Non si trattava tuttavia che di un primo
ammonimento. All'interno dell'amministrazione, Nixon stava battendosi contro un
fronte compatto che gl i consigliava d i accettare l'offerta: Rogers, Kissinger,
McCracken (presidente del Council of Economic Advisers) e Shultz (direttore
dell'Ufficio amministrazione e bilancio) erano tutti per l'accettazione. Ma l'impe-
gno di Nixon verso i suoi sostenitori del Sud ebbe i l sopravvento ed egli fece
sapere, per bocca di Rogers, che la questione di Okinawa era strettamente legata
aquella dei tessili: « Questo è un ricatto puro e semplice », avrebbe affermato un
portavoce degli interessi giapponesi a Washington, stando a quanto afferma
«Newsweek» (29 marzo 1971) (11).
Il motivo di fondo della controversia commerciale, che ha finito per assumere
un'asprezzamai raggiunta da nessun altro analogo dissidio del dopoguerra, sta nel
fattò che gli Stati Uniti non hanno mai chiarito i propri rapporti con i l Giappone
della ricostruzione post-bellica, che è volta a volta e nello stesso tempo satellite,
•alleato, concorrente e partner. I nodi vennero al pettine contemporaneamente:
gli Stati Uniti stavano trattando la loro ultima importante ipoteca, i l controllo di
Okinawa, mentre i l Giappone, stava per portare a termine i l suo programma di
«liberalizzazione » economica che dovrebbe concludersi quest'autunno. Nixon
(11) I l ricatto, naturalmente, ha avuto degli effetti. La Federazione Tessile Giapponese ha
comunicato che inizierà i l suo programma di limitazione volontaria dell'esportazione negli
USA a partire dal 1 luglio 1971, nonostante i l mancato accordo con i principali concor-
renti sia degli USA che del Giappone (Hong Kong, Formosa, Corea del Sud). L'industria
giapponese dell'automobile ha anch'essa annunciato che a partire dal settembre d i
quest'anno i prezzi d'acquisto delle macchine giapponesi negli Stati Uniti saranno aumen-
tati al fine di ridurre le vendite (« Times », 20 e 27 maggio 1971).