

gli Stati Uniti non potevano reggere la concorrenza di paesi stranieri con un'econo-
miacaratterizzata d i bassi salari. Deponendo dinanzi alla Commissione di Mills
nel giugno 1970, egli dichiarò che l'America era. « lo zio cuccagna del resto del
mondo». Gli operai tessili degli Stati Uniti, a sentir lui, guadagnavano in media
2,38 dollari all'ora in confronto ai 57 cents del Giappone e ai 13 cents all'ora
per gli operai e ai 7 per le operaie della Corea del Sud ( incidentalmente, si osservi
chequeste cifre corrispondono ad un salario totale inferiore a quello che di solito
le statistiche americane riportano per la Corea del Sud). Ma naturalmente questo
argomento può essere usato praticamente per tutti i prodotti americani: I l corri-
spondente del « Times » scrive: « La maggior parte delle colpe per i l deteriora-
mento dei rapporti commerciali deve essere addebitata al presidente Nixon e al
Dipartimento del commercio che hanno deciso di appoggiare i tassi doganali per
delle ragioni sbagliate. Quella tessile è una delle poche industrie in cui un paese
sottosviluppato può competere con successo con i paesi sviluppati, in parte per
l'alto tasso di manodopera che la caratterizza e in parte per la facilità dell'instal-
lazione e della manutenzione degli impianti occorrenti » (« Times », 30 ottobre
1969). Nel complesso, perciò, la situazione nel settore tessile può essere così
riassunta: 1) durante gli anni '60, l'industria tessile degli Stati Uniti ha cono-
sciuto
un'espansione
e i suoi profitti sono aumentati mdlto più di quanto non
abbiano fatto le vendite o l'occupazione; 2) la percentuale totale dei consumi
americani di tessili coperta dalle importazioni ( 4-4,2%) è ben inferiore a quella di
molti altri prodotti ( adesempio le scarpe: circa il 25%); 3) l'esportazione di tessili
giapponesi negli Stati Uniti, almeno fino a poco tempo fa, sono andate aumen-
tando con un ritmo di gran lunga inferiore ( nonmeno• della metà) a quello delle
esportazioni giapponesi di manufatti negli Stati Uniti.
Sembrache i giapponesi abbiano fatto un tentativo veramente generoso di
raggiungere un ragionevole compromesso con gl i americani sulla questione dei
tessili. Due aspetti essenziali dell'esportazione giapponesemeritano di, essere sotto-
lineati: in primo luogo, i l loro livello assoluto è relativamente basso —• circa i l
9,5% del prodotto lordo nazionale nel 1969 (contro circa i l 14% della Gran
Bretagna e i l 16% in media dei paesi del MEC); le esportazioni giapponesi sono
andate rapidamente aumentando, ma attorno al 1969 esse costituivano solo i l
6,6% delle esportazioni mondiali, una percentuale assai bassa se commisurata con
la parte sostenuta dal Giappone nella produzionemondiale (9); in secondo luogo,
il Giappone esporta tuttora nei paesi sottosviluppati una percentuale dei suoi
prodotti incomparabilmente più alta di qualsiasi altro paese industrializzato (circa
il 45%). Dal punto di vista giapponese, il processo di espansione delle esporta-
zioni attualmente in corso, non rappresenta che
un avvicinamento alla normalità.
Nondimeno, era opinione generale degli esperti che i giapponesi fossero disposti a
concessioni con Washington: « Da quanto sembra trapelare attraverso la cortina
di segretezza, le concessioni sono venute dalla parte dei giapponesi. Innanzitutto
essi hanno lasciato cadere la richiesta che per i prodotti da sottoporre a controlli
si ricorresse a un accertamento preventivo... [Essi] hanno anche parzialmente
ceduto sull'altro punto per loro essenziale, .che i controlli non si applicassero a
( 9 ) La stima generalmente accettata per i l 1975 c h e i l Giappone coprirà per quella data
il 10,5 per cento circa del totale delle esportazioni mondiali — rappresenta una cifra
non
ancoraadeguata alla quota spettante al Giappone sul totale della produzione mondiale.
Questo fatto cruciale, che i l Giappone esporta
relativamente
molto meno della Francia,
adesempio, o dell'Olanda e della Gran Bretagna, viene spesso trascurato.
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