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rischia (ma speriamo d i no! ) d i trovarsi un bel giorno a sedere per ter ra

come capitò i n passato ad alcune legioni d i cul tor i d i Stal in e del la Russia

sovietica. E con questo tocchiamo i l

c)

Te r z o Pericolo, che è strettamente legato a l secondo e che consiste

nel non riuscire a liberarsi del tut to del complesso edipico del lo Stato-guida.

Questo complesso è tipico di mol t i più compagni di quanto si creda. Costoro,

ogni vol ta che l a Cina f a o dice qualcosa che l oro non avrebbero voluto,

sprofondano nella frustrazione più acuta e sospendono la vendita delle meda-

gliette di Mao. Quando riescono faticosamente a riaversi si impegnano anima

e corpo nel tentat ivo d i dimostrare panglossianamente che t u t t o va per i l

meglio e che non poteva andare che così, salvo ricadere i n una frustrazione

ancora più acuta la vol ta successiva. Finchè, al la fine, dal la crisi non escono

più, e decidono che non c'è al tro da fare che tornare al la vi ta privata o, tut -

t'al più, a studi teor ici r i vo l t i a tempi lunghissimi, riservat i ad al t re gene-

razioni. Questo accade soprat tut to a student i e intel lettual i . Gl i operai, i n

genere, hanno una reazione più seria: si arrabbiano vistosamente, e i l giorno

dopo, i n fabbrica, tornano ad attaccare a testa bassa.

In real tà, bisogna convincersi

davvero

che l o stato-guida non c'è. L a

Cina è cara a t u t t i no i anche perchè colpisce sistematicamente dei nemici

che sono poi i nost r i stessi nemici (anche se i suoi colpi finiscono ahimé,

troppo spesso, per ricadere anche su di noi ). Ma ha problemi suoi, di ff icol tà

sue da affrontare. Ne i l imi t i de l 'possibile s i sforza d i non al lontanare l a

curva del le sue iniziat ive statal i da quel la del la rivoluzione mondiale, ma

non sempre l e riesce. Probabi lmente i l problema è senza soluzione, e l o

rimarrà f inchè ne l mondo •ci saranno Stat i a regimi diversi ( o f inchè c i

saranno degli Stat i ).

Quanto al la strategia del la rivoluzione mondiale, è una cosa un po' p i ù

complicata, che non nasce a tavolino (a Pechino o a Tor ino o a New York) ,

ma ne l v i vo d i una serie d i esperienze che l e avanguardie rivoluzionarie

costruiscono, maturano, magari bruciano in ogni parte del mondo. Che i cinesi

non possano fare la rivoluzione 'per noi è cosa che sappiamo tut t i . Occorre

che ce ne convinciamo sul serio. Non è stato propr io Mao a insegnarci che

«occorre contare 'sulle propr ie forze »?

d)

E d eccoci a l Quarto Pericolo, che consiste press'a poco ne l di re:

«insomma, bisogna farla f ini ta con le illusioni; la Cina è una grande potenza

come tut te l e al tre, e f a una pol i t ica da grande potenza ». Sono certo che

qualcuno dei miei lettori at tr ibui rà anche a me un simile giudizio (che invece

considero l imi tato e unilaterale). Un corol lario d i questo modo d i ragionare

è questo: «siccome la pol itica estera non è staccata dal la pol itica interna, è

probabile che ormai anche l'esperienza cinese (come già quel la sovietica, o

quella cubana) sia f ini ta male ». Ora, io credo che una delle cose p i ù sacro-

sante che i compagni cinesi c i abbiano insegnato sia propr io questa: che i l

reale è contraddittorio, che le contraddizioni non scompaiono dopo la presa

del potere ma sono destinate a rimanere i n vi ta per un tempo lunghissimo.

La pol itica estera della Repubblica Popolare cinese, stato socialista, ne è un

esempio. E i l suo rapporto con la pol itica interna va visto anch'esso i n ma-

niera complessa e dialettica: at tr ibui re la nuova offensiva diplomatica cinese

a una ripresa degli sconf i tt i del la rivoluzione culturale, o al la nascita di una

nuova opposizione a Mao sarebbe per l o meno una banale e indebi ta serri-

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