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saggio: « Quindi se si comprende che i cinesi non abbiano appoggiato l 'av-

ventura separatista dello Sceicco Muj ibur, non sembra per i l momento pos-

sibile di re neppure che i l loro mancato appoggio a l separatismo bengalese

abbia in qualche modo danneggiato anche dal punto di vista delle occasionali

condizioni esterne una lotta di classe e d i massa i n corso ». Questo, sincera-

mente, m i sembra un po' forte. Perché i cinesi non s i sono l imi tat i ( e f i n

qui niente da dire o quasi) a dire all 'India: « Giù le mani dal Bengala! E' una

questione interna del Pakistan e se l a devono vedere t r a d i l oro ». Hanno

inviato messaggi d i soladirietà a Yah i a Khan, hanno condannato aperta-

mente l a secessione. Hanno praticamente permesso a l governo de l Paki -

stan' di uscire dall'isolamento i n cui s i trovava, e hanno tagl iato le gambe,

•di fatto, alla sinistra rivoluzionaria bengalese. Come non vedere che i l credito

presso le masse bengalesi dei marxisti-leninisti f i lo-cinesi non può non essere

stato paurosamente r idot to dall'atteggiamento della Cina? Non comprendere

questo significa fare come g l i struzzi. Nessuno pretendeva che Chou En -lai

mandasse ai naxaliti bengalesi, o che so io, al Maulana Bashani (personaggio

abbastanza equivoco), armi e volontari. Bastava che tacesse, o che parlasse

di meno.

Ora, i o stento a credere che i di r igent i cinesi abbiano ragionato come

Enrica Col lott i . Credo che sapessero benissimo che l a cr i s i bengalese era,

in potenza, un detonatore per l ' intero sub-continente indiano. I l fat to è che,

alla luce del la l oro strategia internazionale, hanno evidentemente r i tenuto

che questa occasione non fosse da raccogliere. U n Vietnam ne l Bengala

orientale ( a parte le di ff icol tà prat iche d i sostenerlo) turbava quel la l inea

di offensiva diplomatica pe r dividere i nemici , fars i mo l t i ami c i e usci re

dall'isolamento di cui si è parlato nel primo paragrafo. In più, i cinesi devono

aver pensato che avevano i n mano u n gioco abbastanza buono, ma non

sicuro al cento per cento. Probabilmente, c i hanno pensato su alcuni giorni

- (quel l i del l oro silenzio iniziale, che c i dava tante speranze), e po i hanno

deciso che era meglio passare l a mano. Dopotutto, s i rischiava d i al ienarsi

anche i l Pakistan, e di permettere un successo diplomatico dell'URSS. Quindi,

solidarietà con Yahia Khan, e pazienza per i mi l ioni d i bengalesi trucidat i o

costretti ad emigrare verso i campi d i concentramento e i l colera. Mo l t o

triste.

Comunque, l'episodio bengalese ha fat to capire che la diplomazia cinese,

mentre è i n movimento nei conf ront i d i t r e de i suoi f r on t i (URSS, USA,

Giappone), verso i l sub-continente indiano ha scelto l a strada del lo

status

quo

e del contenimento del l 'India. Questo spiega anche i l successivo episo-

dio d i Ceylon, mol to t r iste anch'esso, non solo perché anche qu i l e fel ici -

tazioni cinesi ( e u n prest i to d i 25 mi l i on i d i dol lar i ) sono ar r ivate a l l a

Signora Bandaranaike nel momento i n cui l a repressione faceva migl iaia d i

vittime, studenti e contadini. Non solo per questo, ma anche per una lettera

di Chou En-lai al la sullodata Signora, che pare sia stata pubblicata ( e

pour

cause!)

solo dal governo di Ceylon, non dai cinesi, ma che non mi risul ta sia

stata mai smentita da nessuno. Ora, questa lettera era scritta in un linguaggio

che credevamo fosse prerogativa delle nostre questure: « Siamo fel ici d i ve-

dere che, grazie agli sforzi d i Vostra Eccellenza e del governo d i Ceylon, ha

potuto essere dominata la situazione caotica creata da un pugno d i persone

che s i autodefiniscono 'guevaristi ' [ i n realtà, era solo l a pol izia d i Ceylon

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