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quello che impor ta è trat tare quando si sta vincendo, ed è appunto quel lo

che cinesi e vietnamiti fanno oggi. La fine — che noi tut t i auspichiamo — del

conflitto indocinese, è una grande vi ttoria del popolo vietnamita e della rivo-

luzione mondiale. Ma i l viaggio d i Nixon in Cina è una cosa un po' diversa.

Se fosse o no evitabile è una domanda cui, francamente, non saprei dare una

risposta.

c)

D e l Bengala e d i Ceylon parleremo dopo. Pe r o r a par l iamo de l

Sudan. I o amo mol to più i cinesi dei sovietici e sono contento dei successi

dei pr imi sui secondi. Ma preferirei che s i verificassero i n maniera un po'

diversa (per esempio mostrando a cosa può portare i l sostegno dell'URSS

a governi mi l i tar i ammantat i d i progressismo). Non starò qu i a sofisticare

sul grado di rivoluzionarismo e d i autonomia dal le dirett ive revisioniste del

compagno Mahjub o de l compagno Shafei el-Sheik. M i impor ta poco, i n

questa sede. Quello che importa è che centinaia d i mi l i tant i comunisti, nel

Sudan, sono stati masàacrati, torturat i , imprigionati, da un governo fascista,

ché nessuna dialettica riuscirà mai a rivestire di patenti nazional-democratico-

progressiste. Che i compagni cinesi non abbiano fat to mancare i l loro plauso

e le loro offerte di aiut i a gente come Nimei r i e i suoi boia è cosa che non

può non ripugnare profondamente a ch i s ia comunista. A l diavolo i vo t i

all'ONU e l ' isolamento de i revisionisti! I compagni vietnami t i , che hanno

attaccato duramente Nimeiri , sono stati mol to più chiari e coerenti.

d)

P u ò darsi che « creare due, tre, mol t i Vietnam» sia uno slogan sba-

gliato, e che la strategia corretta sia quella di procedere pazientemente passo

dopo passo, dal vicino al lontano, facendo sempre leva sul la contraddizione

principale e concentrando tut te le proprie forze nel punto i n cui i l nemico è

più debole. Ma andatelo a di re voi agl i operai del la Fiat, del la Pirel l i , del la

Renault. Spiegategli voi che oggi occorre appoggiare i l MEC contro l ' imperia-

lismo statunitense, e favor i re l'ingresso del la Gran Bretagna ne l Mercato

Comune. Chi gl i toglierà dal la testa che si t rat t i d i una riedizione, riveduta

e corretta, della « difesa della patria socialista)) di staliniana memoria?

So bene — non occorre ricordarmelo — che i cinesi hanno sempre detto

che v e t t a al le masse oppresse dei singol i paesi ( e non a loro) d i fare l a

rivoluzione i n casa propria. E sono t ra quel l i che hanno sempre apprezzato

i l fat to che i cinesi non abbiano voluto fondare una Quinta Internazionale,

o qualcosa del genere, necessariamente dominata da loro. Ma non nascon-

diamoci dietro i l pollice. Non si chiede ai cinesi di sostituirsi ai rivoluzionari

europei

o americani. A l l imi te, non s i chiede loro neppure d i aiutar l i (ma

perchè no, i n definitiva?). Si chiede loro soltanto d i non ostacolarli, d i non

rigettarli indietro, d i tenerne conto. Non fondare una Quinta Internazionale

non costituisce di per sè una sufficiente garanzia che non si segua la stessa

politica della Terza.

e)

Q u i si deve toccare un punto importante e delicato. Sia mancanza di

informazione, sia convinzione teorica (che però andrebbe più e meglio espii-

citata), è impressione generale che i compagni cinesi sottovalutino i l l ivel lo

e l ' importanza del le l ot te rivoluzionarie che s i svolgono lontano da i l o r o

confini, e soprattutto nei paesi sviluppati dell'Europa e dell'America del Nord.

Sembra che non si aspettino gran che da queste lot te e non l e tengano i n

molta considerazione. Qualche anno f a appoggiavano (blandamente, per l a

verità) gente come Pesce e Dinucci e i loro corrispondenti francesi, belgi ecc.

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