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peggiore ancora, con cui intrattengono buoni rappot ti diplomatici. E f a un

po' impressione veder mettere sul lo stesso piano, in• nome d i una supposta

comune lotta antimperialista, chi aspira a porsi come l'avanguardia rivoluzio-

naria del l ' intero mondo arabo e c h i quell'avanguardia cerca, sempre p i ù

chiaramente, d i strangolare, i n combutta p i ù o meno ipocr i ta con i feudal i

petrolieri, con gl i USA e con l'URSS (5) .

La teoria delle borghesie nazionali fu per decenni un cavallo di battaglia

dei revisionisti ( l o è tut tora, con aspetti sempre p i ù masochisti e suicidi ).

I cinesi ci cascarono anche loro nel caso dell'Indonesia e ne uscirono male.

Oggi d i esempi ammonitori, diversi ma diversamente concordi, ce n'è quasi

uno a l giorno, da Torres a Nimei r i . Dobbiamo continuare a credere nel le

borghesie nazionali e nelle rivoluzioni « per fasi »? (6).

3. I l Bengala, Ceylon e i compagni sinologi

Confesso che da qualche tempo gl i scr i t t i dei nost r i compagni sinologi

mi fanno un po' rabbia. Mi dispiace confessarlo, perchè i n genere s i t rat ta

di mi e i amici e compagni cu i devo mol to, perchè da l q r o ho imparato e

continuo a imparare. Ma sono sinceramente perplesso di fronte ai loro sforzi

di giustificare tut to quello che fanno i cinesi, di essere « maoisti » più, e più

sottilmente, di Mao.

Per esempio, Enrica Col lotti Pischel, che è una eminente sinologa e sino-

fila, ha tenuto una relazione d i ben 53 pagine ciclostilate (7) pe r spiegarci

come e perchè i cinesi non potessero comportarsi al tr iment i nel la questione

pakistana. S i t rat ta d i una relazione dot ta e interessante perchè l 'Aut r ice

si sofferma ampiamente sulle radici storiche dell'intera situazione attuale del

sub-continente indiano. Ma tut ta l'argomentazione pro-cinese poggia, secondo

me, su un'affermazione errata perchè non dialettica (e questo lascia un po' tur-

bati, in -una discepola di Mao). Scrive la Collotti: « Ed ecco quindi la vera do-

manda sul Pakistan: "a chi giova o giovava

questa

secessione del Pakistan orien-

tale?"

Questa

secessione separatista compiuta in

questo

modo, da

queste

forze.

E la risposta è stata: "giova al l 'India": non al popolo indiano, alle masse india-

ne, agli oppressi del l ' India [...] bensì a questo governo indiano [...] ». Ora, a

me pare che non esista

questa

secessione separatista, ma che gl i avvenimenti

del Bengala vadano vist i come un processo, in cui entrano molte componenti

in stretta relazione t ra loro. Sappiamo t u t t i che Mu j i bur Rahman e l a Lega

Awami rappresentavano gl i interessi della piccola borghesia del Bengala, in-

teressi che andavano in direzione d i una richiesta d i autonomia ( i l Bengala

(5) Ci sarebbe da dire qualcosa anche sull'appoggio cinese ad al-Fatah, che rientrava in

una linea tendente a privilegiare l'aspetto

nazionale

più che quello

d i classe

della

resistenta palestinese, e che trovava buoni ripetitori tra i « realisti» di certa nostra

sinistra più o meno extraparlamentare. Oggi che le tendenze capitolarde e disfattiste

della dirigenza di al-Fatah emergono sempre più vistosamente, anche gli inviati speciali

del « Manifesto » cominciano a t irar fuori qualche dubbio e a « scoprire » i l Fronte

democratico e i l Fronte popolare.

(6) Queste cose lasciamole fare all'on. Pajetta, difensore a oltranza dell'alleanza con le

borghesie nazionali, solo un po' dispiaciuto per la sorte toccata a Mahjub e a Shafei

el-Sheik e preoccupato per quella che potrebbe toccare ad Ali Sabri e ai suoi colleghi

(ma Sadat, probabilmente, sarà meno greve e barbarico d i Nimeiri).

(7)

La questione pakistana. Anal isi stor ica del la società e del le classi nel la penisola

indiana, dispensa a cura del Comitato Vietnam d i Milano.

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