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consumo « produttivo » (su cui poggia, come vedremo, la sua teoria del valore-

lavoro ridotto a capitale); 3) la conciliazione fra efficienza ( = mercato rego-

lato dall'autorità pubblica sotto l'Egemonia del partito della classe operaia

= saggio del profitto) e sviluppo. Se non sbaglio Napoleoni interpreta i l

modello di Von Neumann come uno schema di programmazione decentraliz-

zato fondato su direttive di massimizzazione del profitto; l e imprese, cioè

i « funzionari del capitale », basandosi su prezzi assegnati dall'autorità cen-

trale, conseguirebbero, massimizzando il profitto, i risultati produttivi previsti

dal piano. Lo schema di Von Neumann viene interpretato così, come una

soluzione che concilia entrambe l e esigenze emerse nel dibattito sul cal-

colo economico già ricordato, quella d i Dobb (sviluppo) e quella d i Lan-

ge (effibienza attraverso i l mercato = decentralizzazione) ( 21 ) . Anche

l'attributo della « genericità » che competerebbe a l « capitale », mi sembra

rifletta sia l'estrema astrattezza dello schema di Lange, sia, più a monte, con

la falsa alternativa mercato-pianificazione, la già ricordata scissione fra eco-

nomia e politica (che è ciò che più di ogni altra cosa rende oggi obsoleto

quel dibattito) (22) .

Tutti

i conti di Napoleoni tornano: se questo avviene a spese della realtà

e del realismo, tanto peggio per loro: sarà la programmazione a costringere la

realtà ad adattarsi al modello di Von Neumann.

C'è i l prof i tto, quindi non c'è l o sfruttamento (capital istico)

Napoleoni si chiede, a -questo punto, se si possa ancora parlare di sfrut-

tamento in un'economia capitalistico-proletaria (che procede lungo i l cam-

mino di Von Neumann). La risposta è, come abbiamo accennato, negativa.

Napoleoni perviene a questa conclusione attraverso questo procedimento (23):

inizia enunciando due proposizioni; sostiene, poi, che,

secondo quanto avreb-

be sostenuto lo stesso Marx,

perchè si possa accertare l'esistenza d i uno

sfruttamento capitalistico, distinto da uno sfruttamento « in generale », è

necessario disporre di una teoria in grado di dimostrare le due proposizioni

enunciate all'inizio. Controlla, in un secondo tempo, se la formulazione teorica

di Ma n e di coloro che, dopo di lui, si sono occupati del problema della

trasformazione dei valori in prezzi consenta o meno questa dimostrazione.

I l risultato di questo accertamento è negativo. Anzi, dalle « equazioni di ridu-

zione » di Sraffa si trarrebbe la conclusione che « nella produzione capitali-

stica » i l valore incorpora

essenzialmente

i l saggio del profitto » (Introdu-

zione, cit., pag. XX I ) .

Napoleoni conclude allora, come abbiamo già visto, che

quindi

l'unico

sfruttamento esistente nella società capitalistica è i l consumo opulento, e

quindi

nella società capitalistico-proletaria (« pura ») non vi è sfruttamento.

E' chiaro che, ai fini delle conclusioni, rivestono un'importanza cruciale

le due proposizioni enunciate all'inizio. La dimostrazione d i esse è infatti

(21) Cfr. l'esposizione che Napoleoni fornisce delle due tesi i n I l

pensiero economico del

'900,

Boringhieri, Tor ino 1963, pp. 152-158.

(22) Sul concetto « elementare)) e ingenuo d i « economia» de i marxist i del la Seconda

Internazionale, e sui rapporti f ra questi ul t imi e Lange, cf r. Colletti,

op. cit.,

pag. 85.

(23) Cf r. anche, dello stesso autore, « Sul significato del problema marxiano della trasfor-

mazione)> i n « Rivista Trimestrale », n. 17-18 e Introduzione a

La teoria, c i t .

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