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vedano soprattutto le osservazioni sulle connessioni esistenti tra impulso sessuale

eprestazione intellettuale (pp. 197-98 ).

Vorremmo invece, in questa sede, fermare la nostra attenzione sulla

soluzione

politica

cheHabermas propone e che i saggi di Oskar Negt e di Albrecht Wellmer

( tra gli altri) illustrano. Tale soluzione viene intesa da Habermas sotto il concetto

sintetico di formazione accademica socialmente orientata, in cui la traduzione dei

risultati scientifici nell'orizzonte dei bisogni della vita quotidiana e politica garan-

tirebbe di per sé una democratizzazione del lavoro scientifico. In questo concetto

Habermas vede soddisfatte le due esigenze cui si faceva cenno prima: quella di

riconciliare umanisticamente teoria e prassi, e quella di ancorare l'interpretazione

dei bisogni umani agli stadi dello sviluppo tecnologico.

L'aspetto più interessante, che merita discutere per primo, di questa proposta

politica sta nel ribadimento della necessità di una ridefinizione politica e di una

riqualificazione culturale dell'istituzione universitaria. Tale riqualificazione si oppo-

neanzitutto alla tendenza, operante nelle società tardo-capitalistiche, di una funzio-

nalizzazione progressiva dell'università alla concentrazione monopolistica della ri-

cerca scientifica e della produzione industriale. L'espressione ideologica di tale

funzionalizzazione sta nella scissione tra scienza ed educazione che viene propu-

gnata — per versi opposti ma non dissimili nel- risultato — sia dalla soluzione

neoumanistica conservatrice ( il

surplus

d'anima con cui Bergson voleva vivificare

la tecnica), sia dalla soluzione dichiaratamente tecnocratica ( tutti i conflitti inter-

soggettivi sono componibili tecnicamente). Ma c'è un altro aspetto, più sottile, per

cui la proposta politica di una riqualificazione critico-culturale dell'università ci

sembramolto interessante. Questa proposta, infatti, colpisceanche — a « sinistra »

— quelle forme iconoclastiche di « attivismo emozionale » che hanno finito con

l'indurre i l movimento studentesco ad abbandonare i l terreno specifico da cui

eranoemersi i suoi problemi (l'università e la scuola); in questa direzione il movi-

mento ha ricercato i l contatto con la classe operaia nel rifiuto di ogni mediazione

culturale e nella prassi autogiustificativa di una diaspora politica di gruppetti oscil-

lanti tra spontaneismo e neo-burocratismo. Questa sembra essere l'indicazione di

fondo con cui Donolo presenta ai lettori italiani i testi dei compagni tedeschi, in

un'ampia introduzione che parte dalla constatazione della drastica riduzione del

ruolo politico eversivo del movimento studentesco italiano negli ultimi due anni,

sviluppando poi un'interessante analisi sociologica circa i motivi di quest'impasse.

Ai molti spunti di quest'analisi non è possibile qui fare riferimento. Basterà dire

che,secondo Donolo, le difficoltà del movimento studentesco sono cominciate pro-

prio Con la rimozione e la fuga in avanti rispetto a quei nodi teorici e strategici

rappresentati, fin dall'inizio, dalla politicizzazione degli studenti e dalla mediazione

tra studio e politica, cultura e bisogni di gruppo. La proposta dei compagni tedeschi

di fondare un'università éritica e politica, cioè di promuovere ( comedice Haber-

mas) una formazione accademica « socialmente orientata », viene interpretata

giustamente da Donolo come indicazionemetodologica a non abbandonare prema-

turamente lo « specifico» universitario, in cui la protesta politica ha trovato le sue

prime affermazioni di massa. I l lavoro politico specifico all'interno dell'università

afferma Donolo — non è ovviamente alternativo all'elaborazione di una strategia

generale; tuttavia la politicizzazione degli studenti non può sfuggire al problema

di unamediazione politica della cultura, nè cercareevasione in « scorciatoie azioni-

stiche o verbalismi ideologici » (p. 36 ). Soprattutto nei confronti delle ultime

levestudentesche, caratterizzate dalla loro estrazione piccolo-borghese e dalla ten-

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