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•Landauer parlerebbe in giambi schilleriani, in uno di Peter Weiss in prosa ritmata:

lo straniamento aiuterebbe a mettere in rilievo la dignità di formulazioni sbagliate

o inadeguate, ma sincere e appassionate. Invece qui Landauer è proprio un ebreo

curvo e miope che legge penosamente, con accento jiddisch, di fronte a studenti

ermeticamente ostili, testi segmentati da quelle virgolette malevole che trasforme-

rebbero un capolavoro in fesseria. Questo non basta a giustificare la sua fine, ma

basta a non versarci troppe lacrime sopra. Se la scelta è tra i buffoni e gli assas-

_sini , ebbene, cheperiscano entrambi. E anchequesto augurio è puramente platonico,

perchè si sa che gli assassini hanno vita lunga.

Resta Leviné, l'unico che in un mondo dissacrato si porti dietro la sacralità

che la rivoluzione, per Dorst, ha ereditato dalla religione insieme alla trascendenza.

Al crollo dei valori tradizionali e della loro illusoria antitesi, le smorfie impotenti

dei commedianti, sopravvive moralmente i l sacerdote dell'ortodossia, i l custode

della retta fede che si invera nel martirio. E' certo l'astuzia della ragione che ha

messo in bocca a quest'uomo di teatro completamente apolitico l'elogio del settario

marxista-leninista. Quando i l

Toner

fu pubblicato e rappresentato per la prima

volta, nel 1968, in Germania (come altrove) ferveva ancora un movimento studen-

tesco i l cui antiautoritarismo nelle sue punte estreme non aveva certo timore

dell'accusa di anarchismo. Enzensberger aveva pubblicato un « Kursbuch » (n. 14)

in cui si additava Engels al pubblico disprezzo come teorico repressivo per i l suo

articolo

Sull'autorità,

e si inneggiava a Bakunin e a Kronstadt. Gl i intellettuali

gareggiavano con Toller e Landauer. La reazione si imponeva e nonmancò di aver

luogo. Neanche due anni dopo usciva un altro « Kursbuch » intitolato

Critica

dell'anarchismo

in cui lamusicaera radicalmente cambiata, si inveiva contro l'antiau-

toritarismo e si predicava l'organizzazione. Particolarmente significativa fu l'appa-

rizione del pamphlet di Hans G. Helms,

Fetisch Revolution

( Luchterhand, Neuwied

1969), un aspro attacco all'anarchismo della nuova sinistra in cui gli scritti di

Landauer venivano continuamente evocati e paragonati a passi di Enzensberger o

di Marcuse per sottolinearne la sostanziale identità nell'inguaribile dilettantismo.

Anchesequeste critiche colpivanospesso nel segno,essebuttano via il bagno con il

bambino dentro. Specie nelle sue espressioni migliori, i l movimento studentesco

avevacondotto, collegandosi alle esperienze cinesi, a una « ridefinizione della poli-

tica » (Donolo) che insisteva sulla rivoluzione come cosa di tutti e vagliava criti-

camente le tradizioni del movimento operaio a seconda della loro capacità di corri-

spondere a questa esigenza. I n giovani come Dutschke, che provenivano dalla

RDT e quindi conoscevano bene queste tradizioni, la necessità di un rapporto

dialettico, d i conservazione-negazione, nei loro confronti, era particolarmente

sentita. Ma anche coloro che le scoprivano per la prima volta si rendevano più o

menochiaramente conto che la Germania era i l paese in cui queste tradizioni si

erano formate e sviluppate, e in cui erano fallite fino al punto di oscurarsi quasi

totalmente o di realizzarsi in modo del tutto distorto come nella RDT. I teorici alla

Helms finivano invece per additare una pura restaurazione di quelle tradizioni. In

parte, tale restaurazione sta avendo effettivamente luogo con la crescente subordi-

nazione dei resti del movimento studentesco alla DKP, i l rinato partito comunista

della RFT, e la sua trasformazione in minoranze attivistiche che si sono separate

dallemassestudentesche pur non riuscendo ad accostarsi a quelle operaie. Anche

qui la tendenza è generdle, ma in Germaniaessasembra incontraremeno resistenze

chealtrove. La « politica ridefinita » si ridefinisce un'altra volta in senso tradizio-

nale. Questo processo sarà solo temporaneo, assai probabilmente, essendo in con-

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