Table of Contents Table of Contents
Previous Page  25 / 276 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 25 / 276 Next Page
Page Background

proprietari fondiari) che rallentano l'accumulazione, mentre i secondi, rappre-

sentanti degli interessi feudali e dei ceti « improduttivi », sostengono la neces-

sità « sociale » del consumo improduttivo. « Sia gli uni che gli altri dimenti-

cano che la prodigalità e i l risparmio, i l lusso e l'indigenza, la ricchezza e la

povertà sono l'identica cosa » aveva scritto Marx, a proposito d i questa

disputa, nei

Manoscritti

(cf r. pag. 140-141). Poichè l'atteggiamento che gl i

economisti delle due scuole assumono nei confronti del lavoro (e del consumo)

produttivo e improduttivo è solo il riflesso di due diverse facce dello sviluppo

capitalistico, o se si vuole, d i due diversi momenti di quello sviluppo che

tuttavia

coesistono

perchè « la società borghese riproduce nella sua propria

forma tutto ciò che aveva combattuto nella forma feudale o assolutistica »

(St. dottrine econ.,

I , pag. 276, ma si veda tutto i l capitolo).

A proposito del noto passo in cui Smith definisce lavoratori improdut-

tivi, oltre al sovrano e all'esercito, « gli ecclesiastici, i giuristi, i letterati di

ogni genere, i medici... » ecc., Ma n scrive: « Questo è i l linguaggio della bor-

ghesia ancora rivoluzionaria, di una borghesia che non ha ancora assogget-

tato tutta la società, lo Stato, ecc. Queste occupazioni trascendenti, antica-

mente venerabili, sovrano, giudice, ufficiali, preti, ecc., tutti gli antichi ceti

intellettuali che le producono, i loro dotti, maestri e preti, vengono

economi-

camente

equiparate allo stormo dei loro lacchè e buffoni, che essi e i ricchi

oziosi (nobiltà fondiaria e capitalisti oziosi) mantengono. Essi sono semplici

servitori del pubblico, come gli altri sono servitori loro. Vivono del prodotto

della industria altrui, e quindi vanno ridotti a l minimo indispensabile. Lo

Stato, la Chiesa, ecc. sono giustificati solo in quanto sono i comitati di ammi-

nistrazione o di gestione degli interessi comuni dei borghesi produttivi, e le

loro spese, appartenendo, in sè e per sè, ai

faux frais

della produzione, devono

ridursi al minimo indispensabile. Questa opinione ha un interesse storico nel

suo aspro contrasto sia con la concezione dell'antichità, in cui il lavoro mate-

rialmente produttivo porta i l marchio della schiavitù ed è considerato come

un semplice piedistallo del cittadino ozioso, sia con la concezione della monar-

chia aristocratica o assoluta uscita dal dissolvimento del Medioevo, come

Montesquieu, ancora racchiuso i n essa, esprime con tanta ingenuità nella

frase seguente

(Esprit des bis,

V I I , I V) : 'Se i ricchi non spendono molto,

i poveri sono condannati a morire di fame'. Invece, non appena la borghesia

ha conquistato il terreno, impadronendosi essa stessa dello Stato o giungendo

ad un compromesso con gli antichi detentori del potere, non appena ha rico-

nosciuto i ceti intellettuali come carne della propria carne, trasformandoli

ovunque in suoi funzionari; non appena essa stessa non si contrappone più

a questa classe improduttiva come rappresentante del lavoro produttivo, ma

gli operai produttivi veri e propri le si sollevano contro accusandola, a loro

volta, di vivere dell'industria altrui; non appena essa è abbastanza colta da

non essere completamente assorbita nella produzione, ma da voler anche

consumare « educatamente »; non appena gli stessi lavori intellettuali comin-

ciano ad essere sempre più compiuti al suo servizio, a entrare a l servizio

della produzione capitalistica, la cosa muta aspetto ed essa cerca di giusti-

ficare «economicamente » da l suo proprio punto d i vista ciò che prima

combatteva criticamente »

(St. dottr. econ.

I , pp. 378-79).