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chia completa » dei depositari di quell'autorità, aggiungendo che « la struttura

sociale della produzione si afferma solo come una soverchiante legge natu-

rale [la legge della concorrenza] nei confronti dell'arbitrio individuale »

(Capi-

tale,

I I I , 3, pp. 298-299; cfr. anche

Capitale,

I , 2, 56).

Per quanto riguarda il punto 2), a me sembra che Napoleoni incorra nello

stesso errore che egli rimprovera ad alcuni economisti marxisti (pag. 157),

quello cioè d i f a r confusione f ra condizioni d i equilibrio d i uno schema

teorico e necessità (o possibilità) che queste condizioni si verifichino storica-

mente. Come mi sembra appaia chiaramente dalle frasi i n corsivo, anche

Napoleoni deduce

la presenza

e

la necessità

del consumo improduttivo

dalla

necessità d i soddisfare l e condizioni d i equilibrio del suo schema teorico.

Tutt'altra, e a mio avviso ben più profonda e illuminante, è la « spiegazione »

dell'origine e del ruolo del consumo « improduttivo » fornita da Marx. Ma

converrà accertare, prima di parlare d i questo, se e in che senso si possa

attribuire a Marx una rappresentazione del sistema economico fondata sulla

esistenza di due sole classi. Poichè, come ho cercato di mostrare in prece-

denza, Marx, a differenza di Marx-Napoleoni, non identifica immediatamente

«capitale » ed accumulazione, se s i dimostrasse che Marx

non

riduce i l

sistema sociale capitalistico all'esistenza delle due sole classi fondamentali,

l'unica ipotesi che accomunerebbe Marx allo Schema capitalistico « puro » di

Marx-Napoleoni sarebbe quella della riduzione del salario al la mera sussi-

stenza. Ma anche questa ipotesi non può essere tranquillamente attribuita a

Marx (cfr. per esempio

Capitale,

I I I , 3, pag. 274).

Classi e consumo « improduttivo » in Marx

A me sembra che anche sulla questione della riduzione del sistema capi-

talistico a due sole classi, Napoleoni sia vittima di una confusione, derivante

da una mancata, o poco chiara distinzione del problema della teoria del

valore e della distribuzione da quello della realizzazione. Ciò lo induce, se

non sbaglio, ad un fraintendimento dei termini in cui si pose la controversia

fra Ricardo e Malthus, e quindi dei rapporti f ra Marx e, rispettivamente,

Ricardo e Malthus, che vorrei qui ricordare molto brevemente (9) .

E' noto che Keynes interpretò l a controversia f ra Ricardo e Malthus

come se essa avesse avuto per oggetto la possibilità di divergenza fra risparmi

potenziali e investimenti, e vide quindi in Malthus un suo precursore (ed in

Ricardo un precursore della teoria dell'interesse d i Marshall e d i Pigou).

L'interpretazione che Keynes fornì di quella controversia venne poi sottoposta

a critica, poichè vari autori ( f r a cui Schumpeter, Robbins e B.A. Corry)

mostrarono che in realtà

sia Malthus che Ricardo

accoglievano la tesi secondo

cui ad ogni atto di risparmio segue una decisione di investimento (« principio

di Say »). L'oggetto della controversia era dunque un altro: l'individuazione

di quali fossero i determinanti del saggio del profitto e(cfr. P. Garegnani,

Note su consumi, investimenti e domanda effettiva, in « Economia Interna-

zionale », 1964). E su questo punto, Malthus che, per citare i l giudizio che

ne dà Marx

(St. dottr. econ.

I I I , pag. 55), « poggiandosi sul lato debole di

( 9 ) Per le opinioni di Napoleoni al riguardo si veda, oltre al capitolo su Ricardo, « Riv.

Trim. », n. 15-16, pag. 395.

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