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A. Smith, cerca di costruire una contro-teoria alla teoria .che Ricardo aveva

costruito sul lato forte d i A. Smith, è debole i n maniera puerile, triviale

e vuoto ».

Marx, che accoglie i fondamenti della teoria ricardiana del valore e della

distribuzione, se ne serve per dimostrare che i l profitto complessivo è i n

realtà un plusvalore: rispetto all'economia nel suo complesso, i l lavoro com-

plessivo produce non solo i propri mezzi di sussistenza, ma anche un'ecce-

denza che, i n virtù dei rapporti canitalistici d i produzione « spetta » al la

classe proprietaria dei mezzi d i produzione• (accenneremo più avanti al le

conseguenze derivanti dalla correzione dell'errore che Marx compie in questa

dimostrazione). L'esistenza dell'interesse, delle rendite, e in genere dei redditi

delle classi che gli economisti classici definiscono « improduttive » ( « pen-

sionati, percettori d'imposte, decime. debito nazionale, speculatori di borsa,

sbirri, preti, lacchè » ecc.) non è affatto ignorata da Marx. Ma egli ritiene

che sotto i l profilo

dell'origine del profitto

— inteso come reddito ottenuto

dallo scambio f ra forza-lavoro e « capitale » — è del tutto irrilevante sa-

pere se, e come, esso si suddivida fra le classi per qualche motivo intitolate

a percepirne una parte. « In tutte l e branche produttive — scrive Marx

in

Storia delle dottrine economiche,

I , pag. 232 — una parte del prodotto

totale rappresenta reddito, lavoro aggiunto nel corso dell'anno, profitto e

salario. La rendita, l'interesse, ecc. sono parti del profitto; l e entrate degli

impiegati statali sono parti del profitto e del salario: l'entrata degli altri lavo-

ratori improduttivi è quella parte del profitto e del salario che essi acqui-

stano con i l loro lavoro imnroduttivo, e che quindi non accresce i l prodotto

esistente come profitto e salario, ma semplicemente determina auanta parte

ne consumino essi, quanta gli onerai e i capitalisti stessi ». Non è un caso, a

me sembra, che Marx introduca la rendita solo nel I I I volume del Capitale

(il cui ultimo capitolo, rimasto incompiuto, è dedicato ad un'analisi delle

classi destinata ad andare oltre il rapporto « polare » capitalisti-proletariato),

che progettasse di scrivere, come risulta dai

Lineamenti,

un capitolo sullo

Stato, ecc.

La « spiegazione » dell'esistenza ( e tanto meno l a giustificazione della

necessità) del reddito delle clnssi imnroduttive non può quindi essere otte-

nuta attraverso la teoria del valore e della distribuzione: gli insulti sanguinosi

che Marx rovescia su Malthus nella

Storia delle dottrine economiche

si rife-

riscono proprio al tentativo, compiuto da Malthus, di giustificare

s u l l a base

di una teoria del profitto ripresa da Smith — la necessità di un consumo

improduttivo sempre crescente. (Onesto non implica affatto che Marx abbia

negato l'esistenza e l'ampiezza del consumo improduttivo, nè che, come

sostiene Nanoleoni, abbia « respinto sempre, e vigorosamente, la tesi malthu-

siana circa la necessità del consumo imnroduttivo ai fini del conseguimento

dell'equilibrio da parte del mercato ») (10).

Non è quindi nelle parti dell'opera di Marx in cui egli sviluppa, su basi

ricardiane, la sua teoria del valore e della distribuzione, che si possono trovare

accenni alla questione del consumo improduttivo. Ma auando egli esamina il

problema dei l imi t i alla realizzazione del sovrappitt ( i l che comporta una

divergenza fra risparmi

ex ante

e investimenti) questa questione si affaccia

(10) C. Napoleoni e R Rodano

Sul pensiero d i Marx,

«

Riv.

Tr im. » n. 15-16, pag. 395.

— 20