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ogniscenasta per sé, non ha un rapportodirettoconciòcheprecede e ciòche

segue,equestogiàcontribuisceasopprimereogni relazionecausalee a dare l'idea

diun'atmosferaassurda fin dall'inizio. Un critico teatrale, GlinterSchThle,scriveva

dopo la prima: « Questanon è un'operache indichi inmododidascalico le linee

dall'entusiasmoiniziale alla fine sanguinosa,bensì una serie di quadretti i cui

contornisonoimprecisi e impuri comequelli tra amico e nemico, tra volontà e

coscienza, trapotenzae impotenza.Dorst nonhascrittoundrammasudellealter-

nativerivoluzionarie, bensì ha rappresentato la generaleincapacitàtedesca a fare

larivoluzione». Tale è effettivamente l'intentodell'opera,nonchè il significatodel

sottotitolo

(Scene di unarivoluzionetedesca).

Ma non è veroche i contornisiano

semprecosì incerti e chenon ci siauna tesi implicita.

L'inadeguatezzadeipersonaggi,salvo i comunisti, è generale, e Dorst indugia

concompiacimentosulla follia di Lippesull'ubriachezzadi Paulukum. Lasuabestia

nera è peròevidentemente Toller, che Leviné ( econ lui l'autore) tratta da

«commediante». Non si vede, in prima istanza,perchèquestadovrebbeessere

perDorst una qualificanegativa. Fino al

Toller

egli avevasempremostrato, a

differenzadegli altri autori di drammi storici, un totaledisinteresseper la poli-

tica e il massimointeresseper la categoriadegli attori. Le sueconcezioni teatrali

sonoesposte in unsaggiodel '62 dal titolo

Lascena

è

il luogoassoluto

(1). Già

il titolo è polemiconei confronti della tradizione del drammamoderno,che per

l'appuntonega il carattereassolutodellarappresentazionescenica (2). In parti-

colareBrecht dvevacontestato la Complicitàdellascenacon il pubblicoperchè

questopubbliconon è più unitariocomeunavolta, o quando lo è, è unpubblico

borghesechevuolesentiresempre le stessecoseinnocue. Dorst si batte proprio

controquestopunto: « Chequestanonsiaunasocietàautentica, definibile, eche

nelnostropaesedobbiamopalesementerinunciare del tutto a questasocietà, è

davverocosìbrutto?Qui c'èdellagente,gentequalsiasi, epermevabenissimo. Io

nonscrivo pro o controunasocietàdeterminata,dunquenon hobisogno di far

fintache ci sia. Io mi immaginoche il miopubblicovenga a teatroportandosi

dietro tanto pochipresupposti quanti ne ho io, che sia insicuro, scettico, forse

ancheun po' diffidente.Ponedomande,ma non si aspettadelle rispostedall'au-

tore,perchècomepotrebbecostuidarlesenonsisubordinaaunadellegrandiconce-

zioni delmondo,materialiste ometafisiche?»Ciò che,evidentemente,Dorst non

vuol fare. Invece per lui il teatro è « unaspecie di esperimentoper renderevisi-

bilesullascenal'uomod'oggi con tutto quelloche lo esalta e lo impaurisce, ciò

cheegli crea e ciòche lo limita ».Questa idea del teatrocome « luogoassoluto»

incui si muove la caviauomo fa sì che i personaggi di Dorst sianospesso, per

cosìdire, attori volontari, in quanto si sottopongonoda sèall'esperimento. Per

esempionella farsa

Libertà perClemens

(1960) ungiovaneche è statomesso in

prigioneimpara a muoversi e a parlare inmododa trovarsi a suoagio in quel

ristrettoambiente,sicchèquandopoi lo liberanononvuole piùuscire.L'opera di

Dorst più notaprima del

Toller,

e cioè

La grande invettiva presso le mura della

città

(1961), è la storia,presadal teatrocinese, di unadonnachechiedeall'impe-

ratore di renderlesuomaritoche è andatosoldato. L'uomovienechiamato, e i

due,che in realtànon siconosconoaffatto,minosottoposti a unaprova:devono

( 1 ) In appendice a un volume che raccoglie tre commedie di Dorst,

GrosseSchmiihrede an

derStadtmauer, Freiheit fiir Clemens, Die Kurve, ICiepenheuer & Witsch, Kbln 19662.

( 2 ) Cfr. I l noto libro di Peter Szondi,

Teoria del drammamoderno,

Einaudi 1962.

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