Table of Contents Table of Contents
Previous Page  235 / 276 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 235 / 276 Next Page
Page Background

militare. I l movimento di rivolta parte da Asti e si diffonde ad Aosta, Casale,

Torino e Novara. Le rivendicazioni avanzate sonoeconomiche e politiche: assun-

zione illimitata di ex partigiani e di reduci, mantenimento del blocco dei licenzia-

destituzione dei funzionari compromessi col fascismo, abrogazione della

legge di amnistia. Riuniti in assembleaa Milano, gli ex partigiani esprimono in un

documento la loro netta sfiducia nell'Anpi, costituiscono i l « movimento di resi-

stenzapartigiana » e approvano i l ritorno armato sui monti iniziato dai partigiani

astigiani. Dopo una serie di scontri violenti con la polizia e di occupazioni di prefet-

ture, seguono i primi arresti e Passalto delle carceri di Aosta per liberare i prigio-

nieri. I pesanti attacchi al movimento da parte dell'« Unità » e dell'« Avanti » e un

accoglimentoparziale a livello governativo di alcune richiesteeconomiche contribui-

ranno a far perdere all'iniziativa, dopo i l febbraio del '47, i l carattere organizzato

iniziale. A parte questi due tentativi di organizzazioneautonoma, va detto che la

massadegli operai mostrerà in questi anni una sostanziale fiducia nei dirigenti del

partito e i contrasti di linea, per quanto profondi, sarannosempre interpretati come

divergenze tattiche.

4. L a politica di « ricostruzione » e di collaborazione « con quegli impren-

ditori che intendono produrre nell'interessenazionale»era stataperfettamenteassi-

milata dai dirigenti comunisti di Torino. In attesa della nazionalizzazione dei mag-

giori complessi industriali, ritenuta imminente, tre erano le parole d'ordine del

partito in fabbrica: epurazione, democratizzazione e ricostruzione. I primi due

obbiettivi, tuttavia, non soltanto saranno subordinati al terzo, ma anche larga-

mente inattuati. Liliana Lanzardo faosservaregiustamentechesul problemadell'epu-

razioneemergono alcuni aspetti dell'ideologia comunista che risalgono alla tradi-

zione staliniana, e cioè la valorizzazione dei tecnici indipendentemente dalla loro

collocazione politica e l'accettazione passiva della struttura organizzativa di fab-

brica ereditata dal capitalismo. Togliatti stesso, nel novembre del '45, aveva chia-

rito molto bene la posizione del suo partito: « un grande stabilimento dell'Italia

del Nord [e cioè la Fiat] non è in grado di proseguire i l lavoro in quanto sono

stati allontanati benmilleduecento esperti tecnici e non sottoaccuse di atrocità o

collaborazionismo, ma semplicementeperchè invisi allemasse.Questo è un grave

errore, qui esulano motivi politici ed entrano in gioco le vecchie rivalità di carat-

tere sindacale fra tecnici e operai. I lavoratori onesti e coscienti non devono

inasprire tale dissidio, ma adoperarsi per un ravvicinamento ed una fratellanza

delle categorie, non dimenticandosi che di provetti tecnici, la vita italiana, oggi,

hagrandissimobisogno ». E' chiaro che dopo tali indicazioni fornite dal segretario

del PCI la Fiat non dovrà preoccuparsi molto per ricostruire i l proprio apparato

gerarchico e repressivo.Appare cosi perfettamente spiegabile il cedimento sull'epu-

razione di Valletta e di altri dirigenti della Fiat, massimi e intermedi, profonda-

mente invisi ai quadri comunisti di base e alla classeoperaia non solo per la loro

connivenza col regime fascista, ma anche comeespressione fisica del disPotismo

di fabbrica.

Alla stessa logica di cedimento risponderà la parabola dei consigli di gestione

(prima relegati a organi consultivi e poi estromessi dalla fabbrica per denuncia

unilaterale della Fiat) e i l ruolo secondarioassegnato agli altri organismi di base

(CLN di fabbrica e commissioni interne), che in sostanzaserviranno soltanto ad

assicurare i l regolare funzionamento dell'azienda. Ma le argomentazioni più signi-

ficative del PCI vengono fuori dalla discussione sul sistema dei cottimi e degli

233